Non pare ci sia freno al numero di casi di influenza aviaria, in costante crescita in tutto il mondo: nella giornata di oggi, martedì 27 dicembre, l’Organizzazione mondiale per la salute animale (WOAH) con sede a Parigi ha segnalato la presenza del ceppo altamente contagioso H5N1 in un villaggio nella regione meridionale di Tahoua, nel Niger. Stando a quanto è emerso dal rapporto redatto dalle autorità sanitarie l’epidemia ha ucciso la maggior parte di un gregge di circa 5 mila volatili, con i pochi esemplari risparmiati dalla furia del morbo che sono stati successivamente abbattuti o macellati.
Influenza aviaria: la situazione nel mondo
Quel che salta all’occhio e che ha preoccupato particolarmente le autorità sanitarie europee è il fatto che il focolaio in questione è il primo ad essere stato individuato nel contesto del Paese africano dal luglio del 2021; segno che l’epidemia di aviaria sta continuando a espandersi raggiungendo nuovi lidi. Nonostante le autorità locali abbiano, come brevemente accennato in precedenza, seguito alla lettera le procedure di emergenza macellando tutti i volatili risparmiati dalla malattia, la storia (specialmente quella più recente) ci insegna che il passo dai primi casi all’emergenza su scala nazionale è terribilmente breve.
Saltano alla memoria, ad esempio, i casi di Perù ed Ecuador; che ad appena un paio di settimane dalla segnalazione dei primi casi sul proprio territorio nazionale hanno annunciato lo stato di emergenza delineando stringenti linee guida per gli allevamenti e anche per i privati cittadini. Tra le cosiddette new entry troviamo anche Taiwan, dove il personale veterinario locale non ha esitato a introdurre le tradizionali misure di perimetri a tenuta stagna, lunghe quarantena e allevamenti di pollame tenuti rigorosamente al chiuso dopo la segnalazione di un focolaio in un allevamento.
Anche la situazione in Europa, come d’altronde dovreste ben sapere, è piuttosto drammatica. La Francia, uno dei Paesi principalmente colpiti dall’imperversare del morbo in questione, ha recentemente annunciato un netto (e ulteriore) peggioramento della situazione; la Repubblica Ceca ha ritenuto opportuno vietare gli allevamenti all’aperto e in quel d’Oltremanica la moria di tacchini ha determinato aumenti da record al prezzo delle uova.
E in Italia, chiederete voi, come siamo messi? Bella domanda. La presenza del morbo sul nostro caro e vecchio Stivale è roba comprovata: c’è, eccome se c’è. Il consenso popolare, tuttavia, pare sia quello di ignorare il problema sperando che si risolva da solo, che l’influenza aviaria se ne torni da dov’è arrivata senza lasciare tracce. In altre parole, l’epidemia più grave di sempre non ci preoccupa. D’altronde, cosa potrebbe andare storto?