Dall’inizio dello scorso ottobre a oggi il Giappone ha abbattuto un totale complessivo di 17,4 milioni di pennuti nella sua lotta contro l’influenza aviaria. Numeri da capogiro, naturalmente, ma perfettamente in linea con quella che, dati effettivamente alla mano, si è ormai da tempo configurata come la stagione epidemica più grave di sempre, con il morbo in questione che nel corso degli ultimi mesi ha preso a infettare con sempre maggiore frequenza anche i mammiferi (i casi più recenti, in questo caso, riguardano cani, puzzole e moffette). Trovarsi ad avere a che fare con numeri di questa magnitudine ha innescato un acceso dibattito etico – quanto può essere sostenibile una filiera che si sta mutilando brutalmente per sopravvivere? – e presentato problemi di mero ordine logistico: dove li seppelliamo, i morti?
Influenza aviaria in Giappone: il problema delle sepolture
Un problema apparentemente banale, direte voi, che però sta scalando sempre più la lista delle preoccupazioni dei governi locali o dei semplici agricoltori del Giappone. Come certamente saprete, polli e altri pennuti da allevamento vengono infatti regolarmente abbattuti per prevenire quanto possibile la diffusione dell’influenza aviaria sul territorio nazionale, abbassando il rischio che il virus vada ad attaccare altri animali – anche mammiferi, come abbiamo visto – e perfino l’uomo, come già successo in diverse parti del mondo.
Al momento gli abbattimenti nel Paese del Sol Levante ammontano a oltre 17 milioni di pennuti, dicevamo: stando a quanto riportato da NHK, il 60% delle prefetture – o regioni – giapponesi che hanno segnalato focolai ha difficoltà a trovare la terra per seppellire le carcasse. È bene notare, infatti, che le linee guida sanitarie hanno individuato siti specifici per le sepolture in modo da evitare eventuali contaminazioni.
La prima soluzione adottata è stata quella di mettere in sicurezza altri appezzamenti di terreno (che, per inciso, devono naturalmente essere lontani da fonti d’acqua) o incenerendo direttamente le carcasse. Anche in questo caso, tuttavia, ci sono problemi – nel primo caso di stampo temporale, nel secondo logistico: non tutte le prefetture hanno la capacità di incenerire così tanti polli abbattuti.
Gli abbattimenti di massa – tanto per intenderci: si stima che il 9% delle galline ovaiole sia stato abbattuto -, nel frattempo, hanno impattato anche sui prezzi del cibo. I prezzi delle uova in quel di Tokyo, ad esempio, sono aumentati del 70% rispetto a un anno fa, spingendo addirittura diversi brand occidentali – come 7-Eleven o lo stesso McDonald’s – a sospendere dai loro menu i piatti che necessitano di uova.