I nostri lettori più attenti saranno ormai ben consapevoli del fatto che l’epidemia di influenza aviaria in Europa è di fatto la più grave di sempre, con i casi più recenti che hanno portato alla chiusura a tempo indeterminato dello zoo di Berlino e all’introduzione dell’obbligo di tenere i cari pennuti al chiuso per gli allevatori francesi. La verità, tuttavia, è che anche in quel d’oltreoceano la situazione non è delle migliori: stando al più recente rapporto redatto dal Dipartimento dell’Agricoltura (USDA) degli Stati Uniti d’America, infatti, il morbo in questione ha causato la morte di oltre 50 milioni di uccelli – un numero che ha già ampiamente superato il record raggiunto nell’ormai lontano 2015 e che, di fatto, non accenna a rallentare.
Influenza aviaria in America: un’ondata da record
I dati dell’USDA indicano, in questo senso, che sono stati colpiti dei greggi in oltre quaranta stati a stelle e strisce, più del doppio di quanto registrato nel precedente focolaio; con le autorità sanitarie che hanno ritenuto opportuno avvertire la popolazione che sarebbe cosa buona e giusta adottare misure di sicurezza quando ci si trova nelle immediate vicinanze di pennuti. Se è infatti pur vero che il rischio per l’uomo è ancora relativamente basso, occorre ricordare che in Spagna sono già stati individuati i primi casi; e dando una rapida occhiata alla storia più recente (il coronavirus vi dice niente?) dovremmo tutti sapere che sarebbe meglio non sottovalutare virus come questo, instabili e soggetti a continue mutazioni.
“Gli uccelli selvatici continuano a diffondere l’HPAI (influenza aviaria altamente patogena, ndr) in tutto il paese mentre migrano, quindi prevenire il contatto tra stormi domestici e uccelli selvatici è fondamentale per proteggere il pollame statunitense” ha affermato Rosemary Sifford, capo veterinario dell’USDA. Le autorità sanitarie sono dunque al lavoro per tenere i contagi sotto controllo istituendo i perimetri di monitoraggio e introducendo le tradizionali misure di sicurezza negli allevamenti; e come anticipato hanno perfino consigliato ai cittadini americani di adottare “misure preventive” come evitare il contatto diretto con gli uccelli selvatici o con il pollame.
“Questo vale non solo per gli ambienti di lavoro o per la fauna selvatica” si può leggere in una dichiarazione redatta dagli esperti dell’US Centers for Disease Control (CDC) “ma potenzialmente anche per gli ambienti domestici da cortile o uccelli da compagnia, che potenzialmente potrebbero entrare in contatto con altri uccelli selvatici o domestici infetti”. La situazione, in altre parole, è davvero seria, e anche l’Italia non è da meno: appena una settimana fa circa è stato confermato un nuovo focolaio in Sardegna.