Numeri da paura – numeri da epidemia più grave di sempre, se vogliamo. Eh sì, perché se è pur vero che ormai è qualche tempo che cerchiamo di diffondere la consapevolezza verso quella che, stando al parere delle stesse autorità scientifiche, è la stagione epidemica di influenza aviaria più grande di sempre; trovarsi faccia a faccia con i numeri lascia tutta un’altra sensazione addosso. La dura legge del numero: quando si racconta di primi focolai rimane sempre un certo grado di distacco con la realtà delle cose, ma quando si è confrontati dalla dimensione asettica e dolorosamente esatta dei numeri non c’è modo di nascondere la testa sotto terra. Secondo l’Organizzazione mondiale per la salute animale da ottobre 2021 a dicembre 2022 sono stati uccisi ben 140 milioni di uccelli da allevamento, con i modelli di previsione che annunciano netti peggioramenti nei tempi a venire.
Influenza aviaria: siamo messi davvero così male?
Fino a oggi l’abbattimento di massa è stato considerato come una delle misure obbligatorie e tradizionali nel tentativo di tamponare la diffusione del virus. Le regole, d’altronde, parlano chiaro: se un focolaio viene individuato in un allevamento, bisogna rimboccarsi le maniche e abbattere tutti i pennuti lì presenti. Un lavoraccio dalla dubbia moralità, non c’è dubbio, che porta a enormi perdite economiche; e che di recente è stato messo in discussione dalla stessa comunità sanitaria e scientifica.
“Se un’industria può sopravvivere solo abbattendo milioni di animali, allora quell’industria non è sostenibile”, ha affermato Arjan Stegeman, professore di medicina veterinaria ed epidemiologo all’Università di Utrecht nei Paesi Bassi. Di nuovo, è la dura legge del numero – difficile discutere. Peggio ancora, come abbiamo già accennato, la situazione non accenna affatto a migliorare: “Stiamo assistendo a un numero crescente di casi di influenza aviaria” ha commentato la dott.ssa Christine Middlemiss, capo veterinario del Regno Unito. “Sfortunatamente, prevediamo che il numero di casi continuerà ad aumentare nei prossimi mesi”.
Parole, quelle della dott.ssa Middlemiss, che naturalmente trovano una piena risonanza in quanto abbiamo avuto modo di raccontarvi anche noi: nuovi focolai segnalati in tutto il mondo, dall’America Centrale al cuore dell’Africa; mentre nel Vecchio Continente, dove il morbo imperversa da diverso tempo, le autorità sanitarie mettono in guardia per un ulteriore e netto peggioramento.
Come brevemente accennato, al momento i principali metodi di controllo dell’influenza aviaria sono il tenere il pollame al chiuso e gli abbattimenti di massa; con quest’ultimo che viene sempre messo più in discussione: quanto può essere morale uccidere per gestire la diffusione di una malattia? “Vent’anni fa, l’abbattimento per l’influenza aviaria era accettabile perché era raro e aveva senso abbattere gli uccelli perché si fermava anche il virus” ha aggiunto Stegeman, sollevando dubbi sulla stessa efficacia del metodo. “La malattia si trova anche negli uccelli selvatici: possiamo abbattere tutti i polli da allevamento che vogliamo, ma questo non fermerà la diffusione del virus”.
E il vaccino? “Non elimineremo l’influenza aviaria con la vaccinazione” è l’idea di Stegeman “ma perlomeno potrebbe ridurre la portata degli abbattimenti”. Al momento – gennaio 2023 – le prove di vaccinazione sul pollame sono in corso in Europa, ma non vi sono ancora accordi internazionali sul loro utilizzo. La Commissione europea ha dichiarato di aver chiesto all’Autorità europea per la sicurezza alimentare di emettere un nuovo parere scientifico sulla vaccinazione contro l’influenza aviaria, che dovrebbe essere disponibile dopo l’estate del 2023.