La speranza era durata giusto qualche giorno – un filamento flebile, sfilacciato, fragile. Di questi tempi, d’altronde, il ritrovamento di un pennuto morto assume connotati decisamente preoccupanti: così, quando venne segnalato per la prima il ritrovamento di un cadavere di fenicottero nello stagnetto di Cabras, a ridosso della spiaggia di Mari Ermi, le autorità sanitarie sarde rimasero con il fiato sospeso, aggrappate alla speranza che l’animale fosse morto per cause prettamente naturali. Una speranza che, come abbiamo accennato, era però destinata a infrangersi: la conferma dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie si può leggere, per un certo verso, come una sentenza – si tratta ancora di influenza aviaria.
L’influenza aviaria in Europa: è l’epidemia più grave di sempre
Naturalmente, una volta confermato il contagio, le autorità sanitarie locali si sono immediatamente attivate per introdurre le ormai tradizionali misure di sicurezza: ordinanze che coinvolgono da vicino allevatori, cacciatori e altri agenti della filiera avicola, volte a rafforzare e intensificare le misure di prevenzione e controllo della malattia. Ci riferiamo, ovviamente, a perimetri di controllo, all’obbligo di tenere i pennuti da allevamento al chiuso (una misura già entrata in vigore in tutta la Francia circa una settimana fa) e all’introduzione di severi protocolli di sicurezza per gli operatori del settore.
L’obiettivo è chiaramente quello di prevenire il più possibile una eventuale diffusione del contagio, tenendo sotto controllo la malattia; ma dati alla mano pare evidente che si tratti di un disperato tentativo di tamponare una ferita che sanguina sempre più copiosamente. Prendiamo, ad esempio, i rapporti inerenti al solo contesto europeo: l’epidemia in corso è, secondo i dati raccolti dalle stesse autorità sanitarie, la più grave di sempre, con oltre 2500 focolai individuati nel solo territorio del Vecchio Continente; con le notizie di nuovi contagi in Paesi prima “puliti” che ormai occupano l’ordine del giorno.
Siamo catastrofisti? No, a dire il vero nemmeno un po’ – ci stiamo semplicemente occupando di riportare i dati come sono, nudi e crudi e preoccupanti. Eh sì, perché si potrebbe dire (o quantomeno sperare) che dopo un intero biennio alle prese con una pandemia su scala mondiale (suvvia, è vero che il Covid non va più di moda, ma mica ve lo sarete dimenticati?) dovremmo aver sviluppato una certa sensibilità nell’approcciarsi a una crisi sanitaria. A oggi, tuttavia, pare preferibile tenere comodamente la testa sotto terra e non preoccuparsi di quanto sta accadendo con l’aviaria – anche se sono già state contate le prime positività nell’uomo.