L’inflazione vien di notte, con le scarpe tutte rotte… Ah no, forse era la Befana. Quella che “tutte le feste porta via”, no? Un tratto, questo – il “portare via” le feste, per intenderci – che Epifania e tasso di inflazione sembrano però avere in comune. Eh sì, perché con i prezzi in continuo aumento potrebbe essere difficile entrare appieno nello spirito festivo e godersi un Natale che, conti alla mano, si preannuncia terribilmente amaro. Una tempesta di rincari ad accompagnare la fine dell’anno, in altre parole, con Napoli che, dati alla mano, si qualifica per il decisamente poco invidiato titolo di “capitale degli aumenti dei prezzi”.
Prezzi alimentari: un’occhiata ai dati Istat
No, non stiamo certo dando i numeri o accampando previsioni condite da un grossolano pessimismo: più semplicemente stiamo semplicemente raccontato di quanto è emerso dai dati Istat relativi al mese di settembre, che sottolineano un tasso di incremento annuo dei beni alimentari del 12,3% nel ristretto contesto del capoluogo campano, che si innalza di una manciata di punticini percentuali sulla media nazionale (fissata, invece, sull’11,6%).
Naturalmente non si tratta affatto del proverbiale fulmine a ciel sereno: è da qualche mese a questa parte ormai che le testate giornalistiche (sia quelle dedicate al mondo della gastronomia che non) raccontano della cosiddetta inflazione del cibo, spietato fenomeno che sta spingendo individui, famiglie, città e intere nazioni al di sotto della soglia di povertà. Che poi se è pur vero che i prezzi non guardano in faccia nessuno è però importante essere consapevoli del fatto che la loro crescita non è prettamente uniforme, così come il modo in cui tali rincari vanno infine ad abbattersi sulle famiglie non è sempre lo stesso. Un piccolo spoiler? A pagare il conto più salato sono naturalmente i più deboli.
È da tempo, complice anche il caro bollette, che gli italiani sono stati costretti a rivedere le proprie strategie di consumo optando per prodotti più economici – una tendenza che di fatto sembra destinata a rafforzarsi anche nel periodo natalizio. “In generale, la spesa media è diminuita in quantità ma il costo per i consumatori è più alto a causa dei rincari” ha commentato a tal proposito Massimo Di Porzio, leader della Fipe, in riferimento ai sopracitati dati Istat. “Tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre si verificheranno i soliti rincari. I farinacei e l’ortofrutta sono quelli che hanno avuto incrementi più elevati negli ultimi mesi. Il pane si è stabilizzato, intanto, e non credo ci siano grandi oscillazioni dei prezzi. La pasta di Gragnano sta arrivando a 4 euro il kg. I frutti di mare sono, per ora, abbastanza stabili, ma a Natale ci sarà il consueto aumento dovuto alla maggiore domanda. Attualmente, un kg di vongole veraci costa tra i 30 e i 40 euro, a seconda che siano vendute all’ingrosso o al dettaglio. Pochi giorni fa, ho pagato per la prima volta un caffè al bar 1,40 euro”.
Gli aumenti sono arrivati a toccare anche l’olio di arachidi, “arrivato a 3,50 euro il kg”, e il burro, “schizzato addirittura a 10 euro il kg” (con conseguente valanga sui dolci). “Un panettone artigianale” spiega Paolo Vaccaro, dell’Abbondanza del pane “arriverà a 25-30 euro. Sul costo dei dolci bisogna considerare l’incremento del prezzo di prodotti come lo zucchero, il miele, le mandorle”. Come anticipato – sarà un Natale amaro.