Nuovo mese, nuovo giro sulla giostra dell’inflazione, nuovo record. Stando alle stime preliminari redatte dall’Istat, infatti il mese di febbraio segna un ulteriore aumento (l’ottavo consecutivo) che porta il tasso d’inflazione a un livello che non si registrava da novembre 1995: +5,7% su base annua, che svetta di quasi un intero punto percentuale sul +4,8% di gennaio (che era già un valore preoccupante).
Certamente non vi sorprenderete se vi diciamo che a trainare questa folle crescita sono i prezzi dei beni energetici (da +38,6% di gennaio a +45,9%), con quelli regolamentati che praticamente raddoppiano su base annua (+94,4%). Anche i beni alimentari, però, non scherzano: i prodotti lavorati passano dal 2,2% al 3,2%, e quelli non lavorati da +5,3% a +6,9%; mentre i prezzi dei beni per la cura della casa e della persona passano dal 3,2% di gennaio a +4,2% e i prodotti ad alta frequenza d’acquisto da +4,3% a +5,4%. Solamente la settimana scorsa l’Unione Nazionale Consumatori aveva calcolato che, in media, l’inflazione sarebbe costata 1700 euro all’anno in più a un nucleo famigliare con due figli, ma considerando i nuovi numeri (e l’imperversare del conflitto in Ucraina) non ci sorprenderebbe se la cifra aumentasse ancora.
“L’accelerazione dell’inflazione registrata a febbraio, marginalmente superiore alle nostre stime che indicavano un aumento dello 0,8% congiunturale e del 5,6% sull’anno, consolida i timori avanzati da tempo sulla durata del fenomeno” spiega in una nota Confcommercio. “Anche al netto delle turbolenze registrate negli ultimi giorni, era evidente ormai da alcuni mesi come la ripresa del processo inflazionistico non potesse essere considerata transitoria, con tempi di rientro rapidi”. E il futuro? “Appare oggi piuttosto difficile il raggiungimento dei target di ripresa ancora presenti nei documenti ufficiali. Probabilmente, nel prossimo Documento di economia e finanza si registrerà una riduzione di questi obiettivi verso una variazione del PIL attorno al 4%. L’eventuale protrarsi della crisi bellica potrebbe ulteriormente comprimere di un paio di decimi la crescita prevista per l’anno in corso”.