Il mondo agricolo, compresa anche e ovviamente la declinazione vitivinicola, non può fare a meno di confrontarsi con la volatilità del clima. Si tratta di una legge storica e obbligatoria, fatta magari eccezione per le più recenti sperimentazioni nello spazio, ma comunque sempre più imprevedibile: inverni mediamente più caldi e brevi possono sedurre le gemme a germogliare prima del tempo ideale, con il rischio che eventuali gelate tardive, nel periodo primaverile, finiscano per mutilare pesantemente il raccolto.
Un esempio pratico? I nostri lettori più attenti si ricorderanno di quando i viticoltori francesi tentarono, in uno spettacolo romantico ma disperato, di salvare le proprie vigne dal morso del gelo accendendo dei fuochi tra i filari. Si tratta di un problema ben sentito anche dall’altra parte della Manica, tant’è che il Dipartimento per l’ambiente, l’alimentazione e gli affari rurali ha da poco stanziato 300 mila sterline per favorire un progetto che punta a migliorare la gestione delle gelate nei vigneti. Diamoci un’occhiata.
Occhi sul futuro: il Regno Unito del vino
Il problema delle gelate primaverili è particolarmente sentito nel Regno Unito – un po’ per diretta conseguenza di una matrice climatica più severa, e un po’ perché i due vitigni più coltivati nelle Terre del Re (Chardonnay e Pinot Nero, che insieme costituiscono il 60% della superficie vitata del paese) hanno la tendenza a germogliare precocemente.
Da qui la genesi di un progetto opportunatamente nominato Smarter Forecasting, Communication and Management of Frost Risk in Vineyards (che potremmo grossomodo tradurre in “previsione, comunicazione e gestione più intelligente del rischio di gelate nei vigneti”), che come accennato si è già assicurato una discreta fetta del Farming Innovation Programme istituito dal governo inglese.
Il primo tassello è tentare di prevedere con la maggiore precisione possibile dove e quando colpirà il gelo: a tal fine il progetto impiegherà dei sensori per ottenere una valutazione del rischio di gelate in tempo reale, permettendo una lettura precisa e soprattutto puntuale. I sensori, stando a quanto lasciato trapelare, sono già stati installati in numerosi vigneti in un mix di volontari e altri partner del progetto.
È interessante notare come l’impiego della tecnologia “pulita” stia permettendo di affrontare quelle problematiche prettamente naturali che tradizionalmente caratterizzano la produzione di vino: un altro esempio concreto è il cosiddetto Pifferaio magico, un robot in grado di proteggere i vigneti dai parassiti.
È però ancora più interessante valutare come il Regno Unito si stia evidentemente equipaggiando per navigare il futuro, al momento fortemente tumultuoso, del mondo del vino. L’azione del riscaldamento globale potrebbe favorire Paesi tradizionalmente ritenuti troppo freddi e, allo stesso tempo, squalificare quelli che invece già si stanno trovando a faticare tra temperature troppo alte e lunghi periodi siccitosi: non è un caso, ad esempio, che uno studio risalente al 2022 indicava proprio la potenziale capacità delle terre d’Oltremanica di spodestare lo Champagne grazie all’azione del cambiamento climatico.