Una crisi di polvere, fuoco e morte: lo stato brasiliano di Amazonas, come suggerisce il nome simbolo della stessa Amazzonia, sta affrontando la più grave siccità della sua storia. Il morso della crisi idrica è tale che la stessa ministra dell’Ambiente, Marina Silva, è intervenuta durante una conferenza stampa ammettendo che questo importante angolo di mondo si trova “in serio pericolo”, con incendi che infuriano a ogni ora del giorno (in una sola giornata, tanto per intenderci, sono stati contati 1664 focolai), una moria generalizzata di delfini e altri animali e ancora gravissimi problemi di natura sociale ed economica, con i cittadini residenti nei villaggi adiacenti ai grandi fiumi che vivono nel rischio di rimanere isolati e privi di forniture di cibo, acqua potabile e altri beni di prima necessità.
Siccità in Amazzonia: cause e conseguenze
Numeri alla mano, si stima che l’emergenza in questione stia coinvolgendo 56 dei 62 comuni nell’area, equivalenti a circa 111 mila residenti complessivi, che come accennato nelle righe precedenti rischiano di rimanere privi di beni di prima necessità. Il primo squillo d’allarme è stato lanciato qualche settimana fa, il 25 settembre, dallo stesso governatore di Amazonas Wilson Lima, che durante una riunione a Brasilia con la ministra dell’Ambiente ha ritenuto opportuno mobilitare aiuti umanitari per la regione.
È infatti bene notare che in Amazzonia la distribuzione di beni essenziali avviene prevalentemente via fiume – un medium inesorabilmente strozzato dalla morsa della siccità. Il calo del livello dei fiumi andrebbe per di più anche a minacciare la fornitura di energia elettrica, con la centrale idroelettrica di Santo Antônio, la quarta più grande dell’intero Brasile, che si è vista costretta a interrompere eccezionalmente la produzione a causa di un calo del 50% della portata del fiume Madeira.
A subire il giogo della siccità in Amazzonia non solo solamente le persone: come accennato in apertura di articolo, infatti, le alte temperature dell’acqua (39 gradi Celsius, secondo le ultime registrazioni) avrebbero innescato una ormai diffusissima moria di pesci e delfini; con l’Istituto Mamirauà che parla addirittura di oltre cento esemplari di delfini e tucuxi del lago Tefé (una mole, è bene notarlo, pari al 5% della popolazione complessiva della specie) trovati morti nel giro di una sola settimana.
Il primo e principale indiziato della crisi in atto è, secondo l’istituto nazionale di meteorologia brasiliano (Inmet), il passaggio di El Niño, fenomeno naturale che si presenta in maniera ciclica con cadenza tendenzialmente quinquennale e che agisce riscaldando le acque del Pacifico, la cui influenza sarebbe stata radicalmente esacerbata dal cambiamento climatico. Le previsioni “del tempo”, d’altro canto, non promettono nulla di buono: “Le alte temperature unite alla siccità potrebbero prolungarsi fino all’inizio del 2024”, ha dichiarato il Centro di monitoraggio e allerta per i disastri naturali del governo federale del Brasile (Cemaden): la situazione in Amazzonia, in altre parole, potrebbe peggiorare ulteriormente nelle settimane a venire.