Impossible Foods si ridimensiona e taglia poco meno di 50 posti di lavoro, equivalenti circa al 6% dei dipendenti complessivi – una mossa che gli esperti di mercato fanno risalire a una fragilità di fondo nel settore della carne vegetale. La mossa, inserita nell’ambito di un esercizio di ristrutturazione agli ordini del nuovo CEO Peter McGuinness, è stata recentemente confermata dalla stessa società presentandola come un passaggio necessario per innescare la “prossima fase di espansione”. Pare evidente, dunque, che di fatto ci sia una sorta di discordanza tra il parere degli esperti e quello dei piani alti di IF: se da un lato infatti si guarda con una certa diffidenza al settore in questione, dall’altro pare si voglia puntare a una nuova crescita.
Come accennato i licenziamenti trovano risonanza nella percezione generale di un rallentamento della domanda di carne di origine vegetale negli Stati Uniti: basti pensare, ad esempio, che il gigante della carne animale JBS in Brasile ha recentemente rivelato di volersi ritirare dalla sua attività plant-based Planterra Foods solo circa due anni dopo il lancio del marchio negli USA. In altre parole, la percezione degli esperti di mercato è che la domanda effettiva dei consumatori non sia all’altezza di quanto l’entusiasmo mediatico avrebbe fatto credere.
“Contrariamente a quanto riportato sulle prestazioni della categoria della carne di origine vegetale, stiamo assistendo a un’iper-crescita, con un aumento delle vendite di oltre il 60% anno su anno solo nella vendita al dettaglio” ha tuttavia commentato a tal proposito Impossible Foods. Una soluzione democristiana appare piuttosto difficile: quel che è certo è che, stando ai dati più recenti, almeno in Italia il boom del mercato sembra ancora piuttosto lontano.