Il vino è in crisi? Nessun problema: lo useremo per alimentare le auto elettriche

Bere alla guida? Una pessima idea. Dare da bere all'auto? Più produttivo di quanto si potrebbe pensare: ecco come potremmo usare il vino per alimentare le auto elettriche.

Il vino è in crisi? Nessun problema: lo useremo per alimentare le auto elettriche

La più consistente qualità dell’essere umano è senza ombra di dubbio la capacità di fare necessità virtù, o in altre parole la nobile arte di sapersi arrangiare. Prendiamo il caso del vino: si tratta di un settore in evidente e nota difficoltà, con bilance commerciali dense di segni rossi e tendenze di consumo mosse anche e soprattutto da un potere di acquisto sempre più striminzito. Che fare, dunque? Tocca trovare nuove soluzioni. Tipo, giusto un esempio, usarlo per alimentare le auto elettriche.

L’idea arriva da uno studio di recente pubblicato dall’Università del Nuovo Galles del Sud (UNSW). L’abstract è tanto conciso quanto eloquente: “Un nuovo componente delle batterie in grado di utilizzare acidi di origine alimentare, come quelli legati alla vinificazione, potrebbe rendere le batterie agli ioni di litio più efficienti, convenienti e sostenibili”. Ma come?

La spiegazione degli scienziati

vino

Insomma, “guai a bere alla guida” ma a quanto pare potrebbe essere una buona idea dare da bere alla macchina stessa. Il professor Neeraj Sharma, che ha condotto lo studio in questione, ha spiegato che il metodo convenzionale di produzione della grafite per le batterie pecca notoriamente per mancanza di sostenibilità.

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“Circa il 60% della grafite viene perso nelle fasi di lavorazione” ha dichiarato il professore, “che in genere richiedono alte temperature e acidi molto forti per raggiungere la purezza richiesta… Quindi ha un enorme impatto ambientale“. Tocca trovare un’alternativa, dunque: l’idea di Sharma &Co. è quella di impiegare composti derivati da acidi alimentari come il tartarico e malico. E badate bene: i nostri protagonisti sono uomini d’azione. In che senso?

Beh, nel senso che non si sono limitati a organizzare idee accontentandosi di una vaga certezza teorica. Il team di Sharma ha costruito un prototipo dalle dimensioni simili alle batterie utilizzate dai telefoni cellulari, e soprattutto in grado di immagazzinare più energia rispetto ai colleghi in grafite. Il risultato? I dispositivi mantenevano più a lungo la carica. E ora?

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Beh, il prossimo step è realizzare versioni più grandi per aumentare la capacità energetica, ed eseguire una serie di test necessari a garantire che le batterie in questione durino anche attraverso l‘uso ripetuto e temperature variabili. Fino ad allora, il vino sarà meglio limitarsi a berlo.