C’è chi scalpita e chi vieta; ma prima di buttarci nella ciccia della questione ci pare doveroso e opportuno fare un piccolo riassunto delle ultime puntate. Protagonista è naturalmente la peste suina africana, morbo – è bene ricordarlo – mortale per suini ma del tutto innocuo per l’essere umano che da un paio di anni a questa parte sta dilagando nel nord del nostro Paese in un ingombrante cortocircuito di ritardi, inefficienze, denunce e metodi di abbattimento decisamente torbidi.
Torniamo a quest’estate. Il Vietnam sviluppa, grazie al supporto di alcuni scienziati a stelle e strisce, quello che è stato battezzato come il primo vaccino commerciale al mondo contro la peste suina, approvandone di fatto l’utilizzo commerciale verso la fine di luglio. Si tratterebbe di uno strumento importante per la filiera degli allevamenti, ma che naturalmente deve inevitabilmente confrontarsi con il vaglio delle autorità sanitarie. Ecco, per l’appunto: la WOAH è dell’idea che il Vietnam stia correndo troppo.
Luci e ombre sul vaccino contro la peste suina
La questione è più semplice di quanto potrebbe apparire – all’indomani dell’approvazione per uso commerciale il ministero dell’agricoltura vietnamita aveva già dato istruzioni alle aziende di elaborare piani di produzione e distribuzione per le vendite interne e per le esportazioni all’estero. I numeri, avevano sottolineato le autorità governative, erano davvero notevoli: su di un test che ha impiegato 650 mila dosi di vaccino si era registrato un tasso di efficacia del 95%.
Ora, però, scatta il semaforo rosso delle autorità sanitarie. L’Organizzazione mondiale per la salute animale (la WOAH, per l’appunto) è dell’idea che siano necessari ulteriori test sui vaccini per la peste suina, e accusa AVAC Vietnam JSC – il produttore di uno dei due vaccini, per l’appunto – di non avere condiviso dati sufficienti con ricercatori e organismi internazionali.
Gregorio Torres, capo del dipartimento scientifico del WOAH, ha esortato i paesi interessati nell’utilizzare i vaccini a marchio AVAC a condurre i propri studi prima di approvarli – un consiglio che fondamentalmente possiamo riassumere nel meno diplomatico “mai comprare a scatola chiusa”. Il commento di Torres, in questo senso, è più che eloquente: “Se qualcuno immette sul mercato un vaccino che non è ottimale, avrà un impatto su tutti”.
D’altro canto è bene notare che gli studi compiuti dagli scienziati vietnamiti potrebbero di fatto essere “macchiati” dal fatto che lo stesso Vietnam sta vivendo un’epidemia di peste suina africana, e che di conseguenza gli esemplari presi in esame per la valutazione del vaccino potrebbero essere stati infetti tanto dal virus “originale” che in quello contenuto nel vaccino stesso.