Non c’è pace a Napoli per i lavoratori della gastronomia: dopo la recente protesta “funebre” del tarallo, adesso è l’Associazione Verace Pizza Napoletana che ha qualcosa da dire; ma stavolta il cibo c’entra poco o niente. La protagonista della diatriba è l’installazione “Tu si ‘na cosa grande” del maestro Gaetano Pesce, fresca fresca di posizionamento in Piazza del Municipio.
L’arte incompresa
Ricorderete di certo la Venere degli stracci, la scultura di Michelangelo Pistoletto posta in Piazza del Municipio a Napoli, generatrice di interminabili polemiche e incendiata nell’estate del 2023. L’opera, ricostruita, ha ora trovato una nuova casa presso la chiesa di san Severo al Pendino, ma il suo vuoto è già stato colmato con un sostituto. A ergersi sulla vasta area affacciata sul porto di Napoli adesso c’è l’installazione “Tu si ‘na cosa grande”, ideata dallo scultore Gaetano Pesce, la cui scomparsa lo scorso aprile gli ha impedito di vedere l’opera prendere vita.
L’installazione dovrebbe rappresentare Pulcinella, la maschera squisitamente partenopea della Commedia dell’arte, accompagnata da un cuore trafitto; ma c’è chi giura che ricordi tutt’altro. Certo è che serve aguzzare l’immaginazione per cogliere il collegamento. Neanche a dirlo, la “mastodontica opera fallica” – parole della storica e critica dell’arte Barbara Martusciello – ha fatto adirare il web; ma anche l’apparentemente distante mondo del food ha pensato di dire la sua.
Meglio una pizza, no?
A scomodarsi è stata l’Associazione Verace Pizza Napoletana (AVPN), nella persona del presidente Antonio Pace. L’AVPN non è meno turbata dei comuni cittadini dell’Internet e avanza al sindaco la proposta, più o meno provocatoria, di installare, al posto del Pulcinella di Pesce, l’opera in bronzo del maestro napoletano Lello Esposito, realizzata tempo addietro, a simboleggiare il “prodotto tipico per eccellenza della nostra città: la pizza“.
L’associazione si propone anche di pagare le spese necessarie per l’installazione, purché la statua venga “collocata in un posto visibile anche per un’adeguata valorizzazione”. In altre parole, si chiede un passaggio dall’arte contemporanea incompresa, travisata, beffeggiata (a torto o a ragione), all’arte immediata, schietta, che comunica senza mezzi termini agli occhi e alla pancia, unico organo capace, sembrerebbe, di rappresentare appieno la cultura di una città.