I prezzi dell‘olio d’oliva sono saliti alle stelle – del 37% per quanto riguarda il nostro caro e vecchio Stivale, a essere precisi -, e questa, diranno i nostri lettori più cinici, è una “non notizia”. È da almeno un anno a questa parte, d’altro canto, che si parla di produzioni mutilate dall’azione del cambiamento climatico e dei conseguenti aumenti dei prezzi; ma quel che è interessante è indagare genesi, cause e stime per il futuro di questo particolare scenario.
Spoiler warning – le prospettive sono tutt’altro che rosee. Gli esperti del settore hanno dichiarato che il prezzo dell’olio d’oliva non calerà per almeno altri due anni, ed è bene notare che il tasso di inflazione – il cosiddetto asso pigliatutto sovente tirato in gioco per giustificare rincari e aumenti di prezzi – non è l’unico motivo.
Il prezzo dell’olio d’oliva tra presente e futuro
Il problema ha radici profonde, che affondano nella campagna produttiva del 2022-23 conclusasi con un calo della produzione italiana del 27%. Ancora più degna di nota, e considerevolmente più deleteria in termini globali, è tuttavia stata la caduta libera della Spagna, primo produttore al mondo di olio di oliva, che ha perso il 56% della produzione soprattutto per la forte siccità che ha stritolato la penisola (siccità che, a onore del vero, continua a perdurare).
“La Spagna ha dato fondo a tutto il magazzino disponibile e questo ha mandato i prezzi alle stelle” ha spiegato a tal proposito David Granieri, vicepresidente della Coldiretti e presidente di Unaprol. “Nelle annate tradizionali l’olio spagnolo si trovava tranquillamente a 5 euro al chilo, a volte anche a 3. Ora non c’è quasi più differenza con quello di produzione nazionale, le quotazioni si aggirano tutte tra gli 8,70 e i 9,50 euro al chilo”.
Riassumendo – dalla Spagna, o in altre parole dal più importante scrigno di olio di oliva al mondo, niente più scorte; e considerando che il Paese è tuttora alle prese con una delle crisi idriche più feroci di sempre il futuro è tutt’altro che roseo. D’altro canto, le previsioni risalenti solamente alla scorsa primavera parlavano di circa metà raccolto in pericolo proprio a causa della siccità.
Un gran pasticcio, insomma – e badate bene, non è che dalle nostre parti sia meglio. “Per quanto riguarda la campagna olivicola alle porte, in tutto il Centro Italia ci attendiamo un calo del 50%, mentre al Sud la produzione scenderà del 10% rispetto alle annate migliori” ha spiegato ancora Granieri.
“D a una stima che ci siamo fatti per ricapitalizzare i magazzini ci vorranno almeno due anni, ammesso e non concesso che abbiamo due anni altamente produttivi” ha concluso Granieri. “Per la prima volta, da trent’anni a questa parte, l’olio smetterà di essere una commodity e diventerà un prodotto premium”.