Questa è una vicenda che, per forza di cose, necessita di una piccola introduzione prima di essere affrontata a dovere; una piccola gita sulla nostra pratica macchina del tempo. La destinazione? Appena qualche mese fa, a dire il vero – siamo verso la fine di agosto 2023, e il Giappone ha appena dato il via alle operazioni necessarie a rilasciare le acque reflue radioattive della centrale nucleare di Fukushima nell’Oceano Pacifico.
Operazioni che, è bene notarlo, sono state attentamente valutate e in seguito approvate dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), l’organismo incaricato del controllo nucleare delle Nazioni Unite, che ha per l’appunto riconosciuto il pieno rispetto degli standard di sicurezza. La mossa, tuttavia, ha innescato forti opposizioni nel blocco asiatico, con Corea del Sud, Hong Kong e Cina che hanno introdotto limitazioni più o meno severe all’import di prodotti ittici provenienti dalle acque limitrofe all’impianto di Fukushima. Il Paese del Dragone, oltre a intavolare per di più una feroce campagna mediatica, ritenne opportuno bloccare del tutto le importazioni di pesce giapponese.
Braccio di ferro su Fukushima
Arriviamo dunque a oggi, con le potenze industriali del G7 che, in seguito a un incontro in quel di Osaka, sono arrivate a formulare la richiesta di “l’abrogazione immediata” dei limiti all’importazione di prodotti alimentari giapponesi introdotti in seguito alla “questione Fukushima”. È bene notare che i ministri del Commercio del Gruppo dei Sette non hanno menzionato direttamente la Cina o le restrizioni a cui abbiamo accennato in apertura di articolo, preferendo denunciare quella che è stata descritta come “crescente coercizione economica”.
“Deploriamo le azioni volte a trasformare in armi le dipendenze economiche e ci impegniamo a costruire relazioni economiche e commerciali libere, giuste e reciprocamente vantaggiose”, si legge a tal proposito nella dichiarazione del G7.
La risposta della Cina, naturalmente, non si è fatta attendere. In un comunicato messo a punto dall’ambasciata cinese in Giappone, il Paese del Dragone ha invitato il G7 a “non aderire ostinatamente ai doppi standard” ma ad adottare misure pratiche per mantenere il normale ordine commerciale e di investimento internazionale. “I membri del G7 minano la parità di condizioni e interrompono la sicurezza e la stabilità della produzione globale e delle catene di approvvigionamento”, si legge nella dichiarazione ufficiale della autorità cinesi.
Continua, in altre parole, il braccio di ferro sulla questione Fukushima: mentre la Cina porta avanti la sua guerra mediatica ed economica – con il supporto, come accennato, di Hong Kong e della Corea del Sud -, Tokyo le punta il dito contro accusandola di stare diffondendo “affermazioni scientificamente infondate”, manipolandole per un tornaconto politico.