Alla Sardegna non mancano certo i prodotti tipici, ma un nuovo e ambizioso progetto mira ad aggiungerne un altro, particolarmente pregiato: il tartufo. Si chiama Tastos, che sta per Tartuficoltura Sarda: Tecnologie Orientate alla Sostenibilità, è finanziato dal Programma di sviluppo rurale della Sardegna, e ci stanno lavorando. l’Università di Sassari, il Cnr e il Consorzio Uno di Oristano. A sostenerlo, un’ampia rete di aziende agricole, ristoratori, vivai, aziende di trasformazione, i cui operatori potranno ricevere la formazione per la coltivazione e la lavorazione del prezioso fungo.
Noccioli e pascoli
A trainare la coltivazione saranno i noccioli, pianta che ha dimostrato la maggior attitudine alla micorizzazione (la tecnica con cui si fanno attaccare i funghi alle radici), con esiti positivi che hanno superato l’80%, e che permetteranno anche la produzione di un altra specialità pregiata come le nocciole.
Il professor Enrico Lancellotti, dottore in Scienze forestali, presidente dell’associazione tartufai di Sardegna, e consulente del progetto, è stato raggiunto dai microfoni de La Nuova Sardegna, e spiega il nuovo approccio di Tastos: “la non riuscita delle esperienze passate fu determinata anche dalla scarsa dimestichezza dei tartuficoltori di allora. Si pensava di poter gestire le tartufaie come i rimboschimenti: piantare gli alberi e lasciandoli crescere liberamente. In realtà una tartufaia necessita delle stesse cure di un frutteto: gli alberi vanno potati, il sottobosco ripulito con costanza. Anche se si sviluppano sottoterra, i tartufi hanno bisogno di luce”.
E qui entra in gioco un altro dei punti cardine del progetto: la sinergia con il pascolamento di ovini. Saranno le pecore, infatti, a occuparsi della pulizia dello strato erboso sotto ai noccioli, combinando la nuova tartuficoltura con la tradizionale attività di pastorizia dell’isola, in un circolo virtuoso dal grande potenziale.
Così spiegano i responsabili del progetto: “in Sardegna combinare il pascolo con la tartuficoltura può creare un’importante occasione per diversificare la produzione aziendale. Attualmente nell’isola viene raccolto tartufo spontaneo, commercializzato attraverso canali non organizzati; non viene coltivato e la qualità dei prodotti trasformati è molto lontana dagli standard elevatissimi di altre regioni”.
Un’integrazione che non potrà che passare anche dalle numerose produzioni locali di olii, formaggi, salumi e conserve che potranno impreziosirsi con il tartufo della futura filiera sarda.