Il corpo di Cristo non non fa rumore – nemmeno un “ahi!” – quando lo si morde. Lo sa bene Amica Chips e ancor di più lo sa l’agenzia Lorenzo Marini Group, che di fatto ha ideato uno spot per la nota marca di patatine proprio partendo dalla differenza di suono tra l’ostia, normalmente silenziosa, e la patatina croccante.
Una delle più discusse leggi sulla comunicazione d’impresa è che la cattiva pubblicità non esiste: in altre parole, detrattori e conseguenti polveroni mediatici e critiche a una determinata campagna pubblicitaria non farebbero altro che amplificare la camera a eco della campagna stessa, permettendole di raggiungere ancora più potenziali clienti o, più banalmente, di fare parlare di sé. Ecco, il nuovo spot di Amica Chips il polverone l’ha alzato eccome: l’Aiart (Associazione Italiana Ascoltatori Radio e Televisione) l’ha definito “blasfemo”, chiedendone la immediata sospensione “in quanto offende la sensibilità religiosa di milioni di cattolici praticanti oltre che oltraggioso nel banalizzare l’accostamento tra la patatina e la particola consacrata”.
Telespettatori cattolici vs Amica Chips
Lo spot in questione dura trenta secondi in tutto, e come già brevemente accennato in apertura di articolo va a giocare sulla “differenza di suono” tra l’ostia e le patatine di casa Amica Chips. Siamo in un monastero: una suora, cercando le ostie nel tabernacolo, scopre che sono finite. Che fare?
Cambio di scena. Un gruppo di novizie si avviano in fila verso l’altare per ricevere l’Eucaristia ma, nel ricevere la comunione dal prete, un suono croccante echeggia in tutta la chiesa: la nostra suora ha avuto la curiosa (o buona? O ancora malaugurata, considerando le conseguenze? Magari maliziosa?) idea di sostituire le ostie con delle patatine Amica Chips.
https://www.youtube.com/watch?v=ZIVodrExLkQ&ab_channel=Lormarini
L’Aiart, dicevamo, non l’ha presa bene. Il presidente Giovanni Baggio ha definito l’accostamento di cui sopra “oltraggioso” in quanto “banalizza l’accostamento tra patatina e la particola consacrata”. Lo spot, a sua volta descritto come un “tentativo penoso di risollevarsi ricorrendo alla blasfemia”, è stato segnalato all’istituto di Autodisciplina pubblicitaria con l’obiettivo di sospenderne la trasmissione.
“È contrario agli articoli 1 e 10″ ha spiegato Baggio, ” lealtà della comunicazione, convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona, del codice di autodisciplina della comunicazione commerciale. È la spia di una sensibilità sociale ed indifferenza etica che non contraddistingue soltanto il comportamento di una azienda e di un pubblicitario. Ci si appella al politically correct e alla cancel culture, ma solo contro la religione cristiana (ma solo quella) ci si sente autorizzati a qualsiasi obbrobrio?”.