Brian Niccol si è seduto sulla poltrona dell’amministratore delegato di Starbucks con una promessa: riportare la sirena in verde in acque più tranquille. Il nostro protagonista, di fatto, aveva ereditato un quadro complesso e compromesso, con vendite tanto basse da avere attirato l’attenzione dello stesso Howard Schutlz, fondatore e a sua volta ex CEO. E si sa: tutti sanno che quando entra in gioco l’ex sono problemi all’orizzonte.
La ricetta per il successo? Rivoluzione, spiega Niccol. Primo atto: store overhaul, o “rinnovazione dei punti vendita”. Secondo atto: semplificare il menu. Via la testa a Oleato, la linea di caffè infusi con olio d’oliva passata alla storia come ottimo lassativo. Terzo atto: chiudere tutti gli store negli Stati Uniti per tre ore. Eh?
La rivoluzione secondo Niccol
L’idea di Niccol è quella di riportare gli store del colosso del caffè alla loro identità di “terzo luogo”. Che significa? Semplice: si tratta di un’espressione usata per la prima volta da Ray Oldenburg, sociologo urbano americano, per indicare un luogo al di fuori della casa (primo luogo, per l’appunto) e il posto di lavoro (il secondo).
Il terzo luogo deve idealmente essere un posto caldo e invitante, in cui le persone possono socializzare e contribuire alla costruzione di comunità. La rivoluzione di Starbucks, in altre parole, parte da qui, dagli store (anche se, è bene notarlo, la crisi del colosso è in primis legata ai prezzi troppo alti che cozzano con i portafogli sempre più magri): ma che c’entra con la chiusura nazionale obbligatoria?
L’idea è quella di utilizzare quelle tre ore per organizzare un seminario volto a illustrare al personale di casa Starbucks come rendere i locali un posto più accogliente, più amichevole, più – l’avrete intuito – terzo luogo. “Parleremo dell’opportunità di concentrarci nuovamente su ciò che ha sempre contraddistinto Starbucks: un accogliente caffè dove le persone si riuniscono e dove serviamo il caffè più pregiato, preparato artigianalmente da abili professionisti” si legge a tal proposito in una nota interna diffusa tra i dipendenti, e ripresa dal New York Post.
E guai a mettersi in malattia: coloro che non riusciranno a partecipare al seminario alla prima volta saranno inseriti in una replica, e così via. Complessivamente Starbucks ha registrato un calo del 7% nelle vendite in negozio a livello globale e un calo del 3% nei ricavi netti nel quarto trimestre dell’anno fiscale 2024. Basterà una riunione di HR per riportare la nave sulla giusta rotta?