C’è chi potrebbe sostenere, con piena cognizione di causa, che un bagaglio più o meno abbondante di modi di dire sia una risorsa fondamentale per alimentare una conversazione. La loro utilità, però, non si esaurisce certo qui: nella letteratura come nella vita, spesso e volentieri si tratta di chicche che, nella loro brevità, custodiscono un sapere crudo ma sincero. Un esempio: tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Ecco, in questo caso lo diciamo riferendoci al nostro settore agricolo, spesso oggetto di elogi da parte (per esempio) del ministro Lollobrigida, ma che nella realtà è il settore più a rischio per quanto concerne le morti sul lavoro.
Parole e numeri
Nulla di (particolarmente) nuovo sul fronte occidentale, ahinoi. E vale la pena sottolineare che, al netto della stoccata in apertura di articolo, anche lo stesso Lollobrigida ne è più o meno consapevole. All’inizio dell’anno in corso il Ministero dell’Agricoltura decise di investire nell’acquisto di mezzi agricoli 225 milioni di euro. La ragione?
Come spiegò il ministro Lollobrigida, erano ancora troppi i casi di agricoltori che morivano a causa di trattori, strumenti e macchinari di vario genere fatiscenti, impazziti, pericolosi. Aveva ragione.
Numeri alla mano, in Italia si sono contate 577 morti sul lavoro nei primi sette mesi dell’anno, un numero in crescita del 3,2% rispetto allo scorso anno. I dati sono quelli di casa Istat, e raccontano che l’aumento riguarda principalmente i settori dell’Agricoltura e delle Costruzioni: dei 577 decessi complessivi, 430 sono avvenuti direttamente sul posto di lavoro, mentre 137 sono avvenuti in itinere.
Vale poi la pena notare che la fascia d’età più colpita è quella dei 45-59enni (269 morti contro i 250 dello scorso anno), ma ci sono state anche denunce per infortunio con esito mortale per 2 under 15. Ma torniamo al nostro argomento principe, e cioè l’agricoltura.
Quest’anno la sirena più rumorosa è quella che accompagna la raccapricciante vicenda di Satnam Singh, bracciante indiano abbandonato in strada con un braccio mozzato e morto poche ore dopo l’incidente (in questo caso, invece, il commento di Lollobrigida si fece attendere un po’). La sua tragica storia ci ha ricordato, caso mai ce ne fosse bisogno, che al netto di ogni bella parola piena di vento l’agricoltura italiana si trova ancora strozzata da ombre tenaci: da una parte gli infortuni mortali, dall’altra il caporalato, presente anche in alcune delle aree più ricche d’Italia.