Partiamo dal presupposto che un marchio biologico europeo esiste già, ed è celebre e riconoscibilissimo: la foglia formata da stelle in campo verde chiaro, tanto per intenderci. La nostra è una precisazione semplice, ma per niente pignola: piuttosto, ci pare necessario per affrontare con piena coscienza di causa la più recente iniziativa annunciata dal Ministero dell’Agricoltura e da Coldiretti, mano nella mano. Un marchio “Biologico italiano”: ma che significa?
La domanda non vuole essere una provocazione. L’abbiamo appena sottolineato, caso mai ce ne fosse stato bisogno: il marchio biologico esiste, è certamente noto, e a dire il vero muove una fetta di mercato non indifferente, anche e soprattutto in Italia.
Viene poi da sé che se voglio bere un Chianti biologico questo sarà necessariamente italiano, così come se invece ho intenzione di bere un Chablis bio per forza di cose lo dovrò comprare francese; e questo senza considerare il fatto che in etichetta un prodotto italiano è già ben specificato. Ma allora a che serve ‘sto tricolore in più?
L’idea di Coldiretti e il premio in denaro
Vogliamo pensare che gli esempi delle righe precedenti siano già abbastanza eloquenti: un marchio “Biologico italiano”, oggi come oggi, pare piuttosto superfluo. Eppure Coldiretti e Masaf vanno dritto per dritto, e annunciano l‘avvio delle procedure per rendere operativa l’istituzione di questo nuovo marchio, con tanto di bando di gara e premio in denaro.
Potranno presentare proposte grafiche studenti, giovani laureati e diplomati, professionisti del design grafico e agenzie di comunicazione e design, con un premio di 40 mila euro. L’idea premiata sarà acquisita in proprietà dal Ministero. Ettore Prandini, numero uno di Coldiretti, “esprime viva soddisfazione”; e Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Bio, sottolinea quando sia “importante che ci sia ampia partecipazione al concorso di idee”. Importante?
Il nostro non è peccare di cinismo, né volere essere dei guastafeste. Ma “importante”, addirittura? Per affiancare un marchio celeberrimo, riconoscibile da chiunque, e soprattutto già esistente? L’intera iniziativa, a essere franchi, legge più come un’operazione di immagine, un tentativo di rosicchiare il successo del biologico suggerendo agli italiani di comprare solo il nostrano (come se i francesi, ad esempio, non comprassero olio extravergine d’oliva italiano…). Nessuno però si chiede se una tale manovra non potrebbe inasprire i rapporti con le associazioni agricole del resto d’Europa?