Il granchio blu è diventato cannibale: non c’è abbastanza cibo per tutti

Troppi esemplari, troppo poco cibo: gli scienziati hanno osservato un comportamento cannibale nel granchio blu.

Il granchio blu è diventato cannibale: non c’è abbastanza cibo per tutti

La mania del granchio blu a tavola ha contagiato proprio tutti; da Alessandro Borghese all’immancabile Gino Sorbillo, passando perfino per gli stessi protagonisti di questa particolare vicenda – i granchi blu, per l’appunto. Stando a quanto recentemente osservato dalla comunità scientifica, infatti, la deriva cannibale tra esemplari della stessa specie si sta facendo sempre più comune. D’altro canto, la formula è piuttosto semplice: in parole povere la popolazione di granchi blu è talmente densa e numerosa che la quantità di cibo naturalmente disponibile nell’ambiente non è più sufficiente a sostenere tali numeri; spingendo alcuni esemplari a indirizzare il proprio appetito verso un “piatto” notoriamente disponibile in abbondanza – il granchio blu, per l’appunto. Cozze, ostriche e vongole ringraziano, nel frattempo.

Granchio blu cannibale: troppi esemplari, troppo poco cibo

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A innescare il cannibalismo nel granchio blu c’è, in una sorta di macabro ma ironico colpo di scena, lo stesso boom demografico che in primo luogo ha fatto scattare l’emergenza. Facciamo un breve riassunto per chi si era seduto in fondo: il granchio blu avrebbe fatto il suo ingresso nelle acque del Mar Adriatico, secondo quanto ricostruito dagli scienziati marini, intorno agli anni ‘80 grazie alle acque di zavorre delle navi provenienti dall’Atlantico. Qui, trovando un ambiente privo di antagonisti naturali (con l’ovvia eccezione dell’uomo, naturalmente), la specie ha potuto stabilirsi e proliferare in tutta tranquillità.

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Ingrediente fondamentale della situazione di emergenza, o più banalmente la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso, è rappresentato dalle conseguenze del cambiamento climatico, che avrebbero di fatto reso le acque italiane più favorevoli alla riproduzione e alla diffusione del granchio blu. Insomma, nulla di meglio per innescare una crescita demografica fuori controllo: niente predatori, habitat ideale e cibo in abbondanza, considerando la densità di allevamenti in acquacoltura del posto.

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Arriviamo dunque ai giorni nostri, dove il granchio blu ha fatto cerimoniosamente il suo approdo sulle tavole – se non puoi batterlo, mangiatelo – e più recentemente sviluppato una deriva cannibale. “Stiamo assistendo a fenomeni di cannibalismo con gli esemplari più grandi che attaccano quelli più piccoli per accaparrarsi spazio e cibo” ha commentato Mattia Lanzoni, ecologo e ricercatore presso l’Università di Ferrara. Come accennato la densità di popolazione è così elevata che “sta diventando un problema per gli stessi granchi che hanno difficoltà a trovare il prodotto per nutrirsi adeguatamente”.

E se è pur vero che il cannibalismo in sé non è certo una novità nel contesto della natura selvaggia, è bene notare che la deriva cannibale potrebbe essere definita come un tratto innato e affine agli stessi granchi blu: come spiegato in uno studio pubblicato nel 2009 sulla rivista Journal of Experimental Marine Biology and Ecology, infatti, pare che l’odore emesso dagli esemplari feriti possa spingere i conspecifici ad atti di cannibalismo – uno scenario tanto più probabile quando i protagonisti sono di fatto affamati, una condizione particolarmente comune nel contesto delle coste italiane.