Al di là della manica il cibo ultra-processato sta diventando una questione di Stato. Studi e rapporti parlano chiaro: metà delle calorie assunte dai bambini e due terzi di quelle ingerite dagli adolescenti provengono dal cosiddetto junk food, con picchi preoccupanti nelle famiglie con redditi più bassi. Ora l’accusa del Segretario alla salute: i fast food “prendono di mira i bambini”.
Una ricerca condotta dalla dottoressa Jody Hoenink, epidemiologa dell’Università di Cambridge, ha messo in scena numeri più che eloquenti: nell’ultimo decennio Subway ha aperto 420 nuovi takeaway nel raggio di 400 metri da un istituto scolastico; mentre Domino’s e Greggs hanno fatto lo stesso ma rispettivamente con 354 e 329 insegne.
Tre filiali su quattro di casa Domino’s Pizza, a dire il vero, si trovano entro 400 metri da una scuola. Complessivamente, il numero di punti vendita gestiti dalle grandi catene del fast food nelle immediate vicinanze di un istituto scolastico è aumentato da 2.474 a 3.411 nell’ultimo decennio: una crescita di quasi il 40%.
L’accusa del Segretario alla salute
I risultati della ricerca di cui sopra hanno raggiunto anche e soprattutto l’orecchio di Wes Streeting, Segretario di stato per la salute e l’assistenza sociale del Regno Unito. La sua lettura è giunta rapida e lapidaria: “I giganti del fast food stanno prendendo di mira i bambini stabilendosi vicino alle scuole”, ha spiegato. “Stanno dando priorità ai loro profitti rispetto alla salute dei nostri figli”.
Vale la pena sottolineare, come abbiamo accennato nelle righe precedenti, che nel Regno Unito il capitolo in questione è particolarmente caldo. Negli ultimi mesi il governo ha ventilato l’idea di un divieto alla messa in onda di spot pubblicitari di cibo spazzatura fino alle ore 21 e di vietare, allo stesso tempo, la vendita di energy drink ai minori. Allo stesso tempo, è bene ricordare che più studi hanno provato che il packaging del cibo spazzatura sia in grado di manipolare i bambini.
La proliferazione di insegne appartenenti al mondo fast food nelle zone immediatamente limitrofe alle scuole, spiegano i dati della dottoressa Hoenink, è tale che nel Regno Unito una scuola primaria o secondaria su sette ne può contare almeno una nel raggio di 400 metri. I numeri, com’è ovvio, hanno anche attirato l’attenzione degli attivisti.
“La ricerca mostra che queste catene stanno inondando le aree vicino alle scuole in tutta la Gran Bretagna a un ritmo allarmante, circondando i bambini con opzioni alimentari malsane” ha spiegato James Toop, amministratore delegato di Bite Back, movimento attivista giovanile che opera nel campo alimentare. “Questi dati non possono essere una coincidenza“. Che fare, dunque?
Stando a quanto riportato dal The Guardian pare che il governo stia considerando l’idea di aumentare il potere dei comuni e dei consigli locali, così che possano opporsi in maniera autonoma all’apertura di nuove insegne. Ma sarà sufficiente?