A fianco degli agricoltori, specialmente quando salgono in groppa ai trattori e il calendario politico è caldo di appuntamenti, ma a patto che coltivino quello che piace a noialtri. Definizione che, badate bene, di certo non comprende la canapa: d’altro canto l’Italia è l’unico Paese europeo ad avere esso fuori legge il cannabidiolo, composto che non ha nessun effetto drogante, imprendendo così la libera vendita di prodotti come oli, gocce e altri prodotti commestibili. E non è tutto.
Un emendamento del ddl sicurezza, approvato solamente nelle ultime ore, equipara la cannabis light a quella illegale, a base di Thc. Un colpo d’ascia che rischia di decapitare un intero settore: cosa sarà del raccolto degli agricoltori italiani, se questo dovesse essere bandito?
Il governo tira dritto, ma quanti sono i posti di lavoro a rischio?
La cannabis light è dunque uno stupefacente, almeno secondo la lettura del governo, e pertanto è necessario vietarne la produzione così come la vendita di infiorescenze, resine e oli. L’impressione è che se tutti gli agricoltori sono uguali, alcuni lo sono più degli altri: chi coltiva canapa dovrà arrangiarsi. Numeri alla mano si tratta di circa 11 mila posti di lavoro a rischio, con 800 aziende agricole e 1500 ditte specializzate.
“Molti sono in panico” ha spiegato Beppe Croce, presidente di Federcanapa, in una breve intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, riferendosi per l’appunto agli imprenditori riuniti sotto l’associazione. “Vogliamo far sapere loro che finché l’emendamento non diventerà legge possono continuare a coltivare, poi valuteremo un ricorso legale in Italia o in Europa, perché il provvedimento è grottesco e irresponsabile”.
L’impressione è quella di un’altra filiera uccisa sul nascere. Un’altra, sì: un po’ com’è stato per quella della carne coltivata, che avrebbe di fatto potuto rappresentare una potenziale eccellenza a livello internazionale, spingendo il tanto caro Made in Italy anche come pioniere dell’innovazione. Ma nulla da fare: manca l’approvazione di regime.
L’avvocato Carlo Alberto Zaina, esperto delle dinamiche relative alla cannabis, è più che eloquente nella sua valutazione: “Così si mettono all’angolo le aziende italiane per favorire le multinazionali del farmaco”. Di fronte a una mossa tanto decisa persino Coldiretti, notoriamente vicina al governo Meloni, si è permessa di alzare una mano, e chiede di modificare “per la sopravvivenza di un intero settore”. La posizione ufficiale, però, pare – almeno fino a ora – piuttosto chiara: come dice lo stesso ministro Lollobrigida, se “devi farti una canna fattela bene”.