Il Gatorwine è l’ultima follia virale a dimostrare che sui social ci beviamo di tutto

Se è virale, è buono: succede per il Gatorwine, micidiale mix di vino e Gatorade che diventa metafora di quello che ci beviamo sui social.

Il Gatorwine è l’ultima follia virale a dimostrare che sui social ci beviamo di tutto

Ci piacerebbe dire che cocktail inguardabili come Calimocho o Tinto de Verano (no offense) li abbiamo lasciati nel passato kitsch degli anni 80-90. E invece no, perché non abbiamo fatto i conti con i pazzerelli trend social. L’ultimo della serie è una rivisitazione dell’immondo connubio vino rosso + soda, stavolta in salsa azzurrissima di Gatorade. Nasce, o meglio viene inventato così il cocktail virale Gatorwine, una roba che non augureremmo al nostro miglior nemico. Ma che grazie alla popolarità, da Youtube a TikTok, molti sono disposti a bere (e bersi pure che sia buono).

Cos’è il Gatorwine

gatorwine

È venuto prima il cocktail o il contenuto virale? Rispondere è facile: il Gatorwine, mix di vino rosso e Gatorade, esisteva già prima che qualcuno lo portasse alla ribalta. Quel qualcuno sarebbe Andrew Rea aka Binging with Babish, un tuttofare dell’internet gastronomico con all’attivo sito web, canale YouTube, libro di cucina, linea utensili su Amazon, collaborazione con Walmart. In questo universo (l’insieme delle sue attività si chiama letteralmente Babish Culinary Universe) ha trovato il tempo di recensire il Gatorwine.

Lo fa nel corso del video Youtube “Ranking Your STRANGEST Recipes”, una sorta di degustazione delle ricette più assurde dal web. Scopriamo che il Gatorwine è merito (o colpa) dell’utente @Goatsnowhere, un signor nessuno (specie comparato a Rea) con canale YouTube dormiente e miserrimi 68 followers. La gloria però giunge lo stesso, anche se riflessa dal bicchiere della discordia.

Nel video c’è anche la spiegazione della ricetta: parti uguali di Gatorade (specificatamente Light Blue) e vino rosso (rigorosamente cheap, meno di 12 dollari). Sembra la ricetta perfetta per un pessimo hangover, ma Rea non si lascia abbattere, anzi si auto-convince. “È diverso da tutto ciò che ho mai assaggiato”, sentenzia mentre cerca disperatamente di trovare dei descrittori. Giudizio finale? “In modo disgustoso e perverso, direi che mi piace”. Voto 7 su 10.

Se è virale, ci sta

Gatorade

Ok Gatorwine, sei bevibile. Ma virale? Questa è la parte che più disturba. Perché la cassa di risonanza social riesce a rendere popolarissime le ciofeche più immangiabili, dal cloud bread alla pizza fatta con l’instant ramen. L’hype parte dai commenti: “L’ho provato ieri. Lo volevo odiare. Oggi ne ho preparato di più. Hai vinto tu”. E ancora: “Possiamo avere un episodio sequel a tema dove fai la classifica dei cocktail usando gusti Gatorade diversi?”.

Si prosegue negli altri canali, e il primissimo di solito è TikTok. Lo rilancia Unemployed Wine Guy, che da provetto sommelier analizza e disseziona il Gatorwine come fosse un Bâtard-Montrachet. Da qui si apre un portale senza ritorno che recherebbe il dantesco per me si va tra la perduta gente. In questa dimensione parallela fatta di live reactions e creazione di brodaglie ancora più improbabili, il Gatorwine diventa interessante e cool. Addirittura diventa buono.

Perché questo fanno i social: ci danno da bere, spesso in maniera metaforica e a volte letterale. In rari casi come questo, entrambe le cose. In inglese c’è un’espressione perfetta per questo, sebbene legata a un fatto tragico: drink the Kool-Aid. Ci beviamo una notizia diventata tale solo perché fa notizia, ci crediamo anche un po’ e magari la facciamo nostra, incorporando una roba che mai ci saremmo sognati. E nonostante non possa essere roba buona di per sé, che si tratti di un’idea o di un’opinione lesiva, o di una brodaglia a base di vino scadente e zucchero chimico, prima o poi ci lasciamo convincere. A meno, naturalmente, di avere gli strumenti giusti: pensiero critico, buon senso, attenzione, empatia. Che il Gatorwine ci serva di riflessione: a berne uno al massimo stiamo male, a bersi l’odio e la disinformazione si fanno danni seri.