Hong Kong è diventato il terzo mercato al mondo in cui i consumatori possono acquistare e consumare carne coltivata. Il cosiddetto semaforo verde interessa anche e soprattutto l’azienda australiana Vow, la prima a essere riuscita a soddisfare i requisiti di sicurezza stabiliti dalle autorità locali; ma il vero protagonista è il cosiddetto “Forged Gras”, o foie gras coltivato.
Pietanza notoriamente controversa, il foie gras. La pratica dell’alimentazione forzata, impiegata per far ingrassare, per l’appunto, i fegati di anatre e oche facendo loro raggiungere una dimensione fino a dieci volte quella naturale, è una palese e feroce violazione del benessere animale.
I ranghi di chi ha deciso di vietarne la produzione, o comunque di introdurre limitazioni di vario genere, sono sempre più affollati: Belgio, California, Svizzera e Regno Unito. La domanda sorge spontanea: e l’Italia?
Il paragone con l’Italia: con il foie gras e la carne coltivata
Che il paragone sia il ladro della felicità, ahinoi, è risaputo. Allo stesso tempo, però, crediamo che sbirciare verso il cortile del vicino di casa possa essere utile per evidenziare differenze di direzione e pensiero. Al momento, l’impressione è che il nostro Stivale, al netto di improvvisi e francamente sorprendenti capovolgimenti di fronte, sia ancora lontano da obiettivi di questo genere.
La carne coltivata di Vow, è bene notarlo, aveva già fatto il suo debutto sei mesi fa a Singapore, dove i prodotti di questo genere sono già addirittura disponibili tra gli scaffali dei supermercati. Ora il semaforo verde a Hong Kong, dove debutterà al The Aubrey, un esclusivo bar izakaya nel Mandarin Oriental (al prezzo di circa 47 euro); e la prossima fermata – stando a quanto lasciato trapelare dalla stessa azienda – sarà la Cina.
Insomma, il punto è che l’Asia sta dimostrando una visione decisamente lungimirante nell’integrare la carne coltivata nelle proprie strategie di sviluppo. L’impressione, dicevamo, è che l’Italia sia ancora lontana: le più recenti dichiarazioni sull’argomento di Giorgia Meloni, intervenuta solamente nelle ultime ore in apertura del G20, fanno ancora riferimento al “cibo sintetico”, termine appesantito da un evidente tentativo di manipolazione propagandistica.
L’Italia ha risposto alla carne coltivata con un no categorico, ideologico e miope; uccidendo sul nascere una filiera di potenziale eccellenza che avrebbe potuto spingere il Made in Italy, caro al Governo al punto da creare una giornata dedicata, verso una dimensione innovativa. Ma a ognuno il suo: evidentemente è tanto più conveniente fare la guerra ai mulini a vento.