Il divieto della pesca a strascico continua a fare discutere. Ve la facciamo breve, anzi brevissima: lo scorso inverno la Commissione europea avanzò la proposta di eliminare in maniera graduale la pesca a strascico entro l’anno 2030. Una proposta che, al nostro ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, proprio non è andata giù. Si alza il vessillo della protesta, su cui si legge a lettere cubitali la preoccupazione di perdere parte del carico di lavoro (con i guadagni che ne conseguirebbero, naturalmente), e i pescatori italiani, rapidi e decisi, vi si schierano al di sotto. Una protesta, quest’ultima, destinata a rimanere solitaria, un’unica opposizione in un mare di assenso: il Consiglio europeo Agricoltura e Pesca ha deciso di accogliere la proposta della Commissione. L’Italia è stata l’unico Paese, come accennato, a opporsi.
Pesca a strascico: le proteste dei pescatori italiani
“Le nuove norme Ue sulla pesca fanno sparire dalle tavole un pesce italiano su tre” si legge in uno dei più recenti comunicati stampa di Coldiretti Impresapesca. “Il divieto della pesca a strascico va a colpire il settore più produttivo della Flotta Italia, aprendo la strada a una vera e propria invasione di prodotto dall’estero. Ma anche cancellando dai menù i piatti più noti”. I toni sono quelli allarmisti a cui siamo abituati, ma prima di lasciarsi trasportare dalla corrente dell’indignazione sarebbe bene mettere qualche puntino sulle i.
Partiamo dal presupposto che la preoccupazione dei pescatori italiani è comprensibile e legittima. In quel di San Benedetto del Tronto, uno dei più importanti scali pescherecci italiani, ha preso forma una protesta a cui ha partecipato lo stesso ministro Lollobrigida: “Il governo Meloni non è disposto a indebolire gli interessi dei nostri assetti produttivi e sacrificare un mondo che rappresenta una cultura e una produzione di qualità”, ha commentato.
Come abbiamo accennato in apertura di articolo, sul piatto c’è la tutela del lavoro e dei posti di lavoro. Per quanto la battaglia possa essere apparentemente virtuosa, tuttavia, è bene notare che poggia su quella che ci pare una torbidità di fondo che sembra volere ignorare il motivo primario per cui le autorità europee abbiano proposto il divieto della pesca a strascico.
La pesca a strascico è di fato una pratica che consiste nel trascinare sul fondo del mare una grande rete in modo da assicurarsi il “bottino” più grande possibile con un colpo solo. Tali reti, tuttavia, finiscono per “grattare” il fondale strappando in maniera indistinta anche alghe, specie non commerciabili e animali ancora troppo piccoli per essere pescati. Il risultato è un danno ingente al delicato ecosistema marino dove, nei casi più gravi, rischia di innescarsi il fenomeno della desertificazione. Insomma, a noi la domanda sorge spontanea: non sarebbe il caso che un settore importante come quello ittico smettesse di fare tanto affidamento su di una pratica così notoriamente insostenibile?