Sarà che non è arrivata la memo. Il mondo del vino è sull’orlo di una (nuova, che sta diventando un’abitudine) crisi produttiva: le previsioni più recenti parlano della più bassa produzione enoica dal 1961. Tra le ombre di una delle vendemmie più misere di sempre, però, c’è un Paese che si erge come punto luminoso: la Georgia.
I numeri parlano chiaro. Secondo la Georgian National Wine Agency, il raccolto del 2024 è stato del 20% superiore alla media quinquennale e del 27% superiore rispetto al 2023, annata – è bene notarlo – rimasta pesantemente mutilata dalla grandine.
Ma che è successo nel resto del mondo?
Sul banco degli imputati figurano gli ormai soliti noti. Fuoco e ghiaccio, alias siccità e grandine; tempeste di vento, alluvioni, l’imperversare della peronospora. La produzione francese è in calo di quasi un quarto su base annua, con tagli evidentemente profondi ma anche democratici: i rapporti più recenti raccontano che nella crisi produttiva d’Oltralpe c’è spazio per tutte le tipologie di vino.
Ma torniamo a note più liete: la Georgia, per l’appunto, culla ancestrale della viticoltura. “L’annata 2024 è stata accolta con grande fervore dai produttori locali” ha spiegato Sarah Abbott, Master of Wine e direttrice del piano promozionale Georgian Wine UK, per conto della Georgian National Wine Agency. E c’è un vitigno che, in particolare ha saputo indossare i panni del protagonista.
“La qualità di questa vendemmia è eccezionale” ha continuato Abbott in una breve dichiarazione ai colleghi di The Drinks Business. “Il Saperavi (vitigno a bacca nera utilizzato per produrre molti dei più noti vini georgiani, ndr), in particolare, sta ricevendo un sacco di elogi da parte dei produttori”. E c’è chi potrebbe parlare di “cadute a fagiolo“.
Il buon raccolto va di fatto a impreziosire un contesto di crescente interesse per il vino georgiano da parte della scena internazionale. Il Paese, infatti, ha fatto registrare dati positivi sulle esportazioni, con picchi notevoli soprattutto verso il Regno Unito e gli Stati Uniti.
Un recente rapporto dell’IWSR ha evidenziato che le esportazioni di vino georgiano in quel d’Oltremanica sono cresciute del 40% tra il 2022 e il 2023: comprensibile, dunque, che tra i produttori ci sia l’intenzione di utilizzare la vendemmia appena conclusa come “grimaldello” per assicurarsi un’incursione ancora più fruttuosa nella fertile terra d’Albione.