L’altra faccia della notorietà: quando finisci per essere sulla bocca di tutti, al punto da diventare la bolla italiana per antonomasia (con buona pace di Franciacorta, Trento e altri colleghi) tutti vogliono vogliono un pezzetto di te – uno su tutti, il nome; che d’altronde in quella manciata di lettere si nasconde un bagaglio di potenzialità che nel contesto del mercato possono fare la fortuna.
Chiaro, non si tratta certo di un’esclusiva per il Prosecco – l’italian sounding, secondo le ultime stime, ha un valore di circa 60 miliardi di euro -, ma se nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di prodotti che per caratteristiche visive o tematiche ricordano l’originale (pensiamo al Parmesan di Singapore), la bolla veneta per eccellenza si è trovata a dovere fare i conti delle caramelle a forma fallica. Al gusto di Prosecco, beninteso.
Ok che gli spumanti giocano sulla durezza, però…
Lungi da noi il fare bigottismo, che d’altro canto da queste parti oltre a essere golosi siamo anche maliziosi: la proverbiale pietra dello scandalo naturalmente non è la forma fallica delle caramelle in questione, ma il fatto che queste ultime si siano appropriate in maniera abusiva del marchio Prosecco (e immaginiamo sia una lusinga tutt’altro che lusinghiera, quella di essere affiancati a dei falli gommosi). Una stampella utile per farsi strada tra la concorrenza – e strappare, nel frattempo, qualche sorriso tra i comici che abitano le praterie dell’internet – , ma complessivamente illegittima.
Il Consorzio di Tutela del Prosecco DOC si è comprensibilmente attivato per mettere i puntini sulle i e tagliare le gambe – compresa la terza – alle caramelle in questione: stando a quanto riportato dai colleghi de Il Gusto, infatti, il Tribunale di Venezia ha infine accolto l’istanza presentata dal Consorzio per “fare cessare la produzione e la distribuzione di caramelle gommose a forma fallica che riportavano la denominazione Prosecco in etichetta”.
Caramelle falliche che, è bene notarlo, erano di fatte commercializzate da una società di nazionalità inglese in più Paesi, compreso il nostro caro e vecchio Stivale. D’altro canto, quella dell’imitazione, o se preferite dell’appropriazione abusiva e illegittima, è una pratica che gli amici del Consorzio di Tutela del Prosecco conoscono a fondo: stando ancora ai dati riportati da Il Gusto, solamente nell’anno in corso sono state redatte “quasi 200 diffide a oltre 50.000 inserzioni di vendita” a livello internazionale.
“Sono molto lieto della decisione del Tribunale di Venezia che avvalora il nostro impegno costante di tutela della denominazione Prosecco DOC” ha commentato a margine della sentenza il Presidente del Consorzio Stefano Zanette. “Se da un lato questi episodi dimostrano la notorietà raggiunta dal nostro marchio, dall’altro rischiano di compromettere il suo valore e il lavoro di tutti coloro che partecipano con passione alla sua filiera”.