Abbiamo un nuovo Presidio Slow Food: si tratta del cacio di Genazzano, un formaggio pecorino a latte crudo prodotto da un paio di aziende agricole dei monti Prenestini, vicino a Roma. Si tratta di un formaggio antico, citato sin dal Seicento. Un formaggio che ha rischiato di scomparire in quanto veniva prodotto e consumato quasi solo ad uso famigliare.
Come viene prodotto il cacio di Genazzano?
Il cacio di Genazzano viene considerato come uno dei pecorini storici della zona di Roma. Si tratta di un formaggio grasso semicotto, prodotto da latte ovino crudo, con crosta liscia, sottile e dura. Di colore giallo paglierino, la sua colorazione varia a seconda della stagionatura. La pasta interna è biancastra, dura e compatta (ma sono consentite occhiature regolari).
Il suo aroma è intenso e persistente, mentre il sapore è erbaceo. Mangiandolo, si presenta duro e friabile.
Solitamente il cacio di Genazzano viene prodotto da settembre/ottobre fino a maggio, partendo da latte crudo di due munte. Le pecore deputate alla sua produzione sono quelle di razza massese, comisana, sarda e incroci. L’allevamento di tali pecore deve avvenire nella zona dei comuni di Genazzano e Cave.
Da secoli il suo processo di produzione è rimasto immutato. Due sono i punti cardine: l’uso del caglio naturale di agnello e la tecnica della schiumatura che ne facilita lo spurgo. Importante anche il processo di asciugatura che dura un mesetto circa e durante il quale il formaggio può essere massaggiato con acqua o olio extravergine di oliva. La stagionatura, invece, è di 3 mesi per il formaggio da tavola e di 5-6 mesi per quello da grattugia.
Solitamente viene mangiato da solo o accompagnato da miele, marmellate, pere e fave fresche. Inoltre lo si usa nell’amatriciana, sulla trippa romana o sui tonarelli cacio e pepe.
Loris Pergolini, referente Slow Food di questo Presidio, ha spiegato che da un anno a questa parte stanno convertendo i pascoli in prati stabili. Il che vuol dire un leggero calo produttivo che garantirà, però, un maggior valore di questo formaggio.
Luca D’Ottavi, altro referente del Presidio, ha spiegato che hanno sempre fatto il cacio di Genazzano, ma senza sapere di farlo. Venti anni fa avevano sostituito le vacche con le pecore, seguendo le indicazioni dei pastori locali: in questo modo il formaggio cambiava di stagione in stagione, in base a ciò che gli ovini trovavano da mangiare.
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