Dazi, dazi, dazi. È la parola del giorno, da almeno una manciata di giorni a questa parte: rigorosamente sulla bocca di tutti più o meno da quando Donald Trump è tornato a occupare il Salotto Ovale. E non è un caso, beninteso: è di appena qualche ora fa la notizia dei dazi – per l’appunto… – al 25% per l’Unione Europea.
Ma mentre il fronte europeo più o meno raffazzonato cerca alleati e suona allarmi c’è anche chi, pur potendo vantare (si fa per dire…) la prossimità geografica, si impegna in opere di palese boicottaggio. È il caso dei supermercati canadesi e del divieto agli alcolici a stelle e strisce.
La risposta canadese ai dazi di Trump
La questione è piuttosto semplice, a dire il vero: numerosi territori canadesi, come accennato, hanno preso la decisione di vietare l’importazione di alcolici provenienti dal sud del confine. La mossa, com’è ovvio, è una risposta più che eloquente ai dazi di cui sopra.
L’assunto è quello che ha dominato la storia fin da prima dell’invezione della ruota, e cioé che a ogni azione corrisponde una reazione di segno uguale e contrario. Tradotto: avanzi minacce numeriche, con tanto di voce grossa? E io mi disinteresso a quel che vendi.
Vale la pena notare che l’iniziativa è tutto fuorché un fuocherello isolato. Tra le province che hanno aderito alla misura in oggetto c’è ad esempio l’Ontario, la più popolosa del Canada: le autorità locali del Liquor Control Board hanno annunciato che, proprio a causa dei dazi mossi dalle mani a stelle e strisce sui prodotti canadesi, il governo provinciale interromperà immediatamente l’acquisto di tutti i prodotti statunitensi.
E badate bene – c’è anche (e soprattutto) una componente retroattiva. Tutti gli articoli in questione provenienti dagli Stati Uniti – e cioé liquori, cocktail pronti, bevande analcoliche e anche vino o birra – saranno sistematicamente rimossi dagli scaffali dei negozi. Chi la fa l’aspetti: possiamo dirlo?