Simbolo di mare, sole, vacanze in sud Italia e tra non molto, cibo del futuro: i fichi d’India, secondo uno studio USA, ben presto potrebbero dimostrarsi la soluzione al carburante fossile e ottimi alleati per sopravvivere al surriscaldamento.
Con tutta la pianta dell'”opuntia ficus indica“, ovvero il fico d’India, è possibile farci praticamente di tutto: il suo frutto prelibato si può mangiare, le sue “pale” si possono cucinare o usare come attrezzi (se lasciate le spine, si possono usare anche come “arma”), si può trasformare in sapone e, perché no, usare anche come elemento decorativo. Ma secondo uno studio recente del College of Agriculture, Biotechnology & Natural Resources dell‘Università del Nevada, questa pianta potrebbe persino dimostrarsi la nostra più grande risorsa contro il surriscaldamento.
Per quanto riguarda la crisi climatica globale, non si tratta più di “se” capiterà, ormai è solo questione di “quando”: proprio per questo i ricercatori stanno sempre più cercando soluzioni sostenibili per il futuro, per aiutarci a sopravvivere. Tra pochi anni, infatti, gli esperti prevedono che le temperature aumenteranno e le estati si allungheranno, causando una carenza di risorse idriche e devastanti periodi di siccità. Per questo il fico d’India è così importante: la nota pianta messicana è più che capace di resistere ad alte temperature e alla carenza di acqua ed è per questo che gli scienziati dell’Università di Nevada hanno iniziato a studiarlo come possibile cibo sostenibile e biocarburante del futuro.
Secondo gli esperti, il fico d’india potrebbe diventare una coltura importante tanto quanto soia o mais, se non anche di più, visto che il fico è anche più resistente ed efficiente, resistendo a temperature più elevate rispoetto altre colture. Nello studio americano, durato cinque anni, sono stati fatti diversi test sull’ “opuntia ficus indica“, e gli esperimenti hanno dimostrato che il fico d’India ha la più alta produzione di frutti, utilizzando fino all’80% in meno di acqua rispetto ad altre colture tradizionali.
“Il mais e la canna da zucchero sono le principali colture bioenergetiche in questo momento, ma usano da tre a sei volte più acqua del fico d’India” ha spiegato John Cushman, professore di biochimica e biologia molecolar dell’Università del Nevada. “Inoltre con circa il 42% della superficie terrestre in tutto il mondo classificata come semi-arida o arida, c’è un enorme potenziale per piantare tanti fichi d’india per il sequestro del carbonio. Possiamo iniziare a coltivare colture in aree abbandonate che sono marginali e potrebbero non essere adatte ad altre colture, espandendo così l’area utilizzata per la produzione di bioenergia”.
Lo studio ha inoltre segnalato l’importanza di continuare la ricerca sulla possibilità di studiare e usare i geni del fico d’India per migliorare l’efficienzadi altre piante. Sperimentando la capacità del fico d’India di trattenere l’acqua chiudendo i suoi pori durante il caldo del giorno per prevenire l’evaporazione e aprirli di notte per respirare, gli scienziati sperano di trovare un modo di aumentare l’efficienza nell’uso d’acqua di altre piante. Infine, sempre studiando questo portentoso fico d’India, gli esperti stanno cercando di usare i suoi geni anche per scovare soluzioni ai pesticidi, sviluppando alcuni prodotti che potrebbero non danneggiare altre piante, la salute dell’uomo e impollinatori.
[ Fonte: La Repubblica ]