Pare che se non sei stato a Host Milano non sei un vero gastrofighetto. Poco importa se la fiera non è pensata per questa tipologia umana ma per gli addetti ai lavori. Host fa figo, punto e basta.
Bisogna pur sottostare a qualche regola non scritta: una di queste dice che il salone biennale dell’ospitalità è un must, anche se poi ti ritrovi perduto per ore ad osservare forni da pizza che non potrai mai usare a casa.
E’ che ci piace talmente osservare il dietro le quinte degli chef che siamo disposti a sorbirci diabolici mal di piedi e ipertecnologie di cottura che permettono allo chef di stare su Instagram mentre ci prepara la cotoletta.
Addirittura, potremmo provare dell’inspiegabile attrazione per lo stuzzicadenti 2.0 da catering che non ha più forma riconoscibile e che, con tutta probabilità, avrà una sezione dedicata al Compasso d’oro nel 2016.
Tutto molto bello, ma in questo mare magnum di meccanica applicata accade che potresti avere fame.
E qui il padiglione del gelato vince a mani basse sugli impastatori. Non vi dico certo una novità, sul gelato c’è un’attenzione spropositata, stanno tutti (noi compresi) a fare pulci su pulci alla ricerca del migliore, del gusto innovativo, della mantecazione perfetta.
Host lo sa, Host ci legge nel pensiero. Sarà per questo che nel grande spazio dedicato al gelato non sono mancati gli assaggi. E per assaggi intendo non solo palettine centellinate, ma coppette a raffica, roba da far impallidire gli assaggini del Salone del Gusto.
In un solo pomeriggio ho scoperto (e ampiamente testato) il sushi di gelato.
Ovviamente salato.
Ovviamente gourmet.
Ovviamente poi ti viene da chiederti come un gelatiere si possa trasformare in un guru zen, ma questa è un’altra faccenda.
Poi c’è la questione del gelato vegano, che ovviamente impazza.
Stand su stand, assaggi e assaggini: se il mercato cresce (e cresce, è ovvio) io continuo a preferire il caro gelato fatto col latte, anche se devo dire che i gusti vegan virano pericolosamente verso il gourmet.
Quello alla mandorla profumata al rosmarino, biscotto al sale e mandorla pralinata non era male.
Concedetemi anche una parentesi pop vintage: lo sciroppo della Fabbri allo zucchero filato (che forse esisteva già, ma che ho assaggiato ad Host per la prima volta) su gelato al fior di latte è una malinconica e struggente regressione all’infanzia.
Avrei anche potuto attaccarmi alla bottiglia, ve lo dico. Da oggi per me il comfort food ha questo profumo di giostrine e palloncini.
Non è Host a dirci che ormai il mondo del gelato va inesorabilmente verso i gusti salati. Ma alla fiera di Milano è iniziato lo sdoganamento ufficiale da piatto: il gelato salato viene abbinato non a un cono di cialda (che son capaci tutti), ma arriva direttamente nel piatto, come fosse un contorno, o forse qualcosa di più.
Tra i gusti salati assaggiati menzione a quello al pomodoro (ma anche il peperone rosso non era male).
E, come gran finale, lo stand della FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) è stata l’apoteosi del gusto per eccellenza: il cioccolato. Declinato in 130 varianti, l’unica che mi è rimasta in testa è quella con il tabacco.
Le altre le ho dimenticate, non certo per snobismo, ma perché va bene la mossa di marketing, ma mettere la polenta nel gelato al cioccolato mi ha fatto passare anche la voglia di polenta. Non vi dico poi di gelato al cioccolato…
E, dopo l’abbuffata clamorosa di gelato, di nuovo immersione in piatti, stoviglie, aggeggi da catering. E poi, come un’oasi nel deserto, mi si palesa il panettone in vasocottura.
Sì, nel caso ve lo stiate chiedendo, è possibile e, oltre che possibile, si può anche già comprare.
Io ho deciso di comprarlo, ma fino a Natale non vi posso dire com’è. Fino ad allora vi resterà la famosa domanda “marketing o sostanza?”, per ora vi basti che questo è il panettone più gastrofighetto individuato ad Host.
La sezione dell’abbigliamento per la cucina tocca picchi inaspettati. A voler guardare Host e le aziende che producono giacche da cuoco, gli chef si stanno trasformando in portatori sani di kitsch.
Si sprecano giacche con pomodori giganti stampati ad altezza stomaco, copricapi che nemmeno a carnevale, pantaloni ton sur ton con peperoncini sul lato B. Su tutti, però, vince la palma la giacca da aspirante MasterChef: forse i piatti vengono meglio se si fa finta di stare in tv e avere Cracco parato davanti come un mastino.
Cerco qualcosa da bere, dopo tutta questa maratona. Menzione d’onore ad un aperitivo che viene dallo spazio (nel senso quasi letterale del termine, ma anche perché è davvero fuori dal comune): l’Apollo 11, così mi hanno raccontato allo stand, è nato lo stesso giorno dello sbarco dell’uomo sulla luna, il 20 luglio del 1969.
La tonalità è molto “femminile”, la bottiglia già la vedo da riutilizzare come feticcio, il gusto c’è. Direi che contro la noia dello spritz a tutti i costi, io ho trovato il mio nuovo aperitivo. E l’ho trovato ad Host.
Allora vedi che ad Host bisogna andare? Ve l’avevo detto che qualcosa si trovava anche in mezzo alle attrezzature noiose!