L’ultima copertina del Venerdì di Repubblica era dedicata a un hamburger.
Ma non un hamburger qualsiasi: un hamburger senza carne.
Ma non un hamburger senza carne qualsiasi: quello dei laboratori californiani Impossible Food capitanati da tal Pat Brown, una sorta di Steve Jobs del macinato.
L’inviato del giornale, Riccardo Staglianò, è immortalato mentre addenta questo panino che apparentemente sembra normale.
E invece no, diamine.
E’ super high-tech, checcacchio.
Brown spiega a Staglianò –e agli altri giornalisti convocati nel centro ricerche capace di attirare fondi da Google e Bill Gates- che questo burger vegetale segnerà una rivoluzione: sarà identico per sapore a quello di carne dunque la gente lascerà in pace le mucche, salvando, di conseguenza, il pianeta.
Ottenere l’hamburger che sa di carne senza aver bisogno di carne è facile.
Basta mettere assieme acqua, proteine del grano, olio di cocco, aromi naturali, proteina eme –questa è il segreto, è quella che dà il gusto ferroso del sangue, della carne–, estratto di lievito, sale, proteina di soia, proteine di Konjac, gomma di Xanthan, tiamina (vitamina B1), zinco, niacina, vitamina B6, riboflavina (vitamina B2), vitamina B12 e soia.
Semplice no?
Il mio commento è questo: se un giorno dovremo smettere di mangiare carne per salvare il pianeta farò la mia parte, giuro.
Ma godendomi una sana pasta e fagioli.
L’Impossible Burger lo lascio ai clienti di una grande catena di fast food che ha già dimostrato interesse nel progetto: se c’è da salvare il pianeta, le multinazionali sono sempre in prima fila.