L’imperversare della guerra tra Russia e Ucraina sta avendo un impatto fortemente negativo sull’agricoltura italiana (basti pensare allo stop delle esportazioni di fertilizzanti – altro settore dove i due Paesi in questione vantavano un primato di produzione). Secondo un report redatto dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea), si stima infatti che il 30% delle aziende agricole dello Stivale si troverà a operare con un reddito netto negativo (mentre prima del conflitto, per darvi un termine di riferimento, si registrava un 7%).
A causare così tanti danni è soprattutto l’aumento medio dei costi di produzione, che supera i 15700 euro a causa dei rincari a fertilizzanti, mangimi, gasolio, sementi o piantine, fitosanitari e noleggi dei macchinari: il report, in particolare, sottolinea come la crisi in corso potrebbe portare un’azienda agricola su dieci all’incapacità di far fronte alle spese integrate nel processo produttivo, estromettendole dalla filiera (di nuovo, per il bene del contesto – prima della crisi la percentuale era appena dell’1%). Va sottolineato che l’aumento indicato poco sopra è valido in termini assoluti: alcuni settori, infatti, andranno incontro a incrementi dei costi ancora più severi (come i seminativi, la cerealicoltura e l’ortofloricoltura che dovranno fare i conti con rincari dei costi correnti tra il 65 e il 70% – mentre la media nazionale si attesta intorno al +54%).
“Continueremo a documentare, attraverso aggiornamenti pubblicati sul sito del Crea” ha dichiarato Alessandra Pesce, direttrice del Crea Politiche e Bioeconomia “le difficoltà del sistema agroalimentare, alle prese con una crisi senza precedenti”.