Ancora una storia di caporalato. Questa volta arriva dalla Toscana, più precisamente da Grosseto e provincia: qui i braccianti della Maremma sono pagati 3 euro l’ora, 4 quando va bene, tutto rigorosamente in nero e per 10-12 ore di lavoro al giorno.
Anche se, in realtà, ci sono molti che lavorano “in grigio”: in questo caso c’è sì un contratto e una busta paga, ma qui vengono segnate meno giornate rispetto a quelle lavorate effettivamente. In altri casi, invece, il datore di lavoro segna tutte le giornate lavorate, ma poi obbliga il bracciante a ridargli in nero parte di quanto dato con la minaccia che, se fa diversamente, non viene più chiamato a lavorare.
Come riportato da La Nazione, questi braccianti vengono caricati su auto e furgoni e portati nei campi per raccogliere pomodori, angurie, meloni, uva e olive. Il tutto sfruttato dai “caporali”. Si pensa che nella zona della Maremma ce ne siano fra i 135 e i 200, con 4mila lavoratori stagionali considerati “invisibili” (e che salgono a 5mila fra agosto e settembre).
I conti sono presto fatti: solitamente una squadra di raccolta comprende fra le 20 e le 30 persone, per cui facendo una rapida divisione si arriva alla stima di 135-200 caporali in zona.
I numeri provengono dal Sipla, il Sistema integrato di protezione dei lavoratori in agricoltura. Si tratta di un progetto nazionale che sta aprendo anche a Grosseto uno sportello di sostegno per i braccianti agricoli.
Qui verrà spiegato ai braccianti quali siano i loro diritti e come risolvere i problemi che devono affrontare, in primis trovare un alloggio (per lavoratori così precari è difficile trovare qualcuno che gli affitti temporaneamente un alloggio e, spesso, chi affitta lo fa chiedendo in cambio, però, di lavorare nei campi per pochi euro).
Per rimanere sempre in Toscana, l’anno scorso era stato scoperto, invece, un giro di caporalato in alcuni supermercati: i dipendenti dovevano lavorare 13 ore al giorno per 30 euro.