Sars, Ebola, Covid-19: cosa hanno in comune, oltre al fatto che hanno causato milioni di morti? Secondo Greta Thunberg (ma non solo secondo lei, anche secondo gli scienziati), si tratta di virus causati dal nostro comportamento nei confronti dell’ambiente e degli animali: in particolare l’attivista ha voluto sottolineare come gli allevamenti intensivi potrebbero causare una pandemia anche peggiore.
Ma siamo ancora in tempo per cambiare: la giovane attivista svedese l’ha sottolineato ancora una volta in un video. In onore della giornata mondiale dell’ambiente, molte associazioni hanno ricondiviso la campagna lanciata da Greta Thunberg alcuni giorni fa, in cui la ragazza ha puntato il dito contro le multinazionali del cibo. Nel video Greta parla dei disastri causati dallo sfruttamento animale, citando il già noto inquinamento ma anche la crisi sanitaria.
Il collegamento che Greta fa tra “pandemia” e “Covid” è chiaro: oltre il 75% delle malattie presenti ad oggi deriva dal contatto uomo-animale. Non è fantasia sostenere che nel corso degli anni le condizioni degli allevamenti sia peggiorata: maggiore richiesta ha portato a una crescita del bestiame, più bestiame significa più terreni, più cibo e più cure, che a loro volta hanno causato deforestazioni, inquinamento e condizioni igienico sanitarie degli animali non sempre ottimali. Anzi, in alcuni casi, come gli stabilimenti associati alle multinazionali e a ad alcuni wetmarket asiatici, queste condizioni sono diventate “terreno fertile” per la trasmissione dei patogeni.
Secondo i dati riportati da Greta e anche dall’Onu, se la situazione dovesse continuare così “la prossima pandemia sarà molto peggio.” Cosa poter fare per impedirla? L’attivista ha proposto come soluzione di mangiare meno carne, “per proteggere la Natura e così noi stessi”.