La soia è responsabile della deforestazione, in particolare nell’Amazzonia brasiliana. L’Italia è uno dei maggiori importatori di soia. Quindi, l’Italia è indirettamente responsabile della distruzione della foresta amazzonica. Lo dice un recente rapporto di Greenpeace Brasile che ha monitorato l’area di Rondônia. La produzione di carne e soia mette sotto pressione le foreste di quella zona: il bestiame è cresciuto dell’87% nel comune di Porto Velho negli ultimi nove anni e il territorio dedicato alla produzione di soia in Rondônia è triplicato nell’ultimo decennio, passando da 111 mille ettari a 400mila ettari nel 2020.
Il recente monitoraggio effettuato dal popolo Karipuna, Greenpeace Brasile e il Consiglio Missionario Indigeno (CIMI) nella Terra Indigena Karipuna, in Rondônia, ha identificato un nuovo fronte di deforestazione in quella regione. Un viaggio sul campo ha rilevato 850 ettari di deforestazione illegale negli ultimi dodici mesi all’interno del territorio indigeno, un aumento del 44% rispetto al periodo precedente. Sono state trovate aree con più di 100 ettari di taglio netto. L’accaparramento della terra (land grabbing) e la distruzione delle foreste su larga scala mettono in pericolo la sopravvivenza del popolo Karipuna e dei popoli che vivono in isolamento volontario in quella regione.
Afferma Greenpeace che “con oltre 48mila tonnellate di soia proveniente dalla Rondonia, nel 2020 l’Italia è stata il terzo principale importatore dell’Ue dopo Paesi Bassi e Spagna, e tra i primi cinque principali importatori di soia dallo stato brasiliano a livello internazionale”. Tra gennaio e settembre di quest’anno “l’Italia ha importato dalla Rondonia quasi 23mila tonnellate di soia, posizionandosi come quinto importatore dell’Ue e tra i primi 10 importatori a livello internazionale”.