Promesse di matrice ambientale che si rivelano meravigliosi contenitori di vento – e perdonateci se non simuliamo sorpresa ma, sapete com’è, non è certo la prima volta. Greenpeace punta il dito contro Unilever, e in particolare contro la promessa del colosso britannico di abbandonare la plastica monouso. Promesse coperte da una vernice color verde brillante e poi puntualmente disattese: creare “un mondo senza rifiuti”, aveva affermato Unilever; impegnandosi a dimezzare l’uso di plastica vergine entro il 2025. La verità, però, è che life in plastic is fantastic.
A fare luce, come accennato nelle righe precedenti, è l’ultimo rapporto di Greenpeace, che svela come Unilever sia sulla buona strada per mancare il suo obiettivo con quasi un decennio di “ritardo”. Tutto nel nome, come vedremo più avanti, di quelle fasce più povere che altrimenti non potrebbero permettersi determinati beni.
Unilever e il mondo in plastica
Sono più che eloquenti le parole di Nina Schrank, responsabile del settore plastica di Greenpeace UK: “Unilever sta davvero gettando benzina sul fuoco della crisi dell’inquinamento da plastica”. Schrank non manca, naturalmente, di sottolineare la stridente differenza tra quel che è affermato in pubblica sede e quel che, invece, è fatto – il cosiddetto greenwashing, per intenderci. “Alcuni loro marchi, come Dove, sono famosi per presentarsi al mondo come forze del bene, ma stanno avvelenando il nostro pianeta con quantità impressionanti di plastica”.
Unilever non può, in altre parole, “affermare di essere un’azienda “propositiva” e allo stesso tempo assumersi la responsabilità di un inquinamento così enorme”. Come anticipato in apertura di articolo, il colosso d’Oltremanica si difende impugnando la tesi del buon samaritano: “In molti dei nostri mercati, le bustine di plastica offrono ai consumatori a basso reddito l’opportunità di acquistare piccole quantità di prodotti che altrimenti non sarebbero in grado di acquistare”, si legge sul sito ufficiale dell’azienda.
Un’inchiesta del The Guardian datata agosto 2022 ha svelato, a tal proposito, che numerose bustine non riutilizzabili a marchio Dove – facente parte del portafoglio Unilever, per l’appunto – sono state rinvenute nelle spiagge e in altri corsi d’acqua nelle Filippine e in Indonesia.
La richiesta di Greenpeace a Unilever è quella di eliminare gradualmente la plastica monouso nel prossimo decennio, iniziando con l’interrompere la produzione e la vendita delle bustine; e di sostenere un trattato globale sulla plastica che, secondo la ONG, deve includere un obiettivo giuridicamente vincolante di riduzione della produzione di plastica di almeno il 75% entro il 2040, seguita da una ulteriore riduzione graduale.