Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? Se è pur vero che il flusso commerciale dei prodotti alimentari dell’Unione europea abbia di recente raggiunto un valore da record (quasi 35 miliardi stando ai dati di maggio 2022, di cui 19,4 miliardi di euro dovuti alle sole esportazioni), occorre interpretare i dati nel loro contesto di appartenenza. In altre parole non vogliamo certo rovinare la festa – semplicemente bisogna ricordarsi, per esempio, che i prezzi delle materie prime continuano ad aumentare da diversi mesi, e che i risultati sono senz’altro dopati dalla folle galoppata del prezzo dell’inflazione e del caro bollette. Prendiamo, tra i vari esempi, il notevole aumento dell’export di grano europeo (+35% su base annua): si tratta di un dato che, a un primo sguardo, potrebbe apparire come innegabilmente positivo, ma che di fatto è figlio della crisi esplosa in seguito alla guerra tra Russia e Ucraina.
Eh sì, perché non dimentichiamoci che, anche se ora il flusso alimentare è stato parzialmente ripristinato, il lungo blocco delle esportazioni sulla rotta del Mar Nero ha obbligato diversi altri acquirenti a rivolgersi ad altri Paesi – tra cui, ovviamente, gli Stati membri europei, Italia inclusa. Si registrano, in particolare, decisi aumenti verso l’Africa subsahariana di olio di girasole (+972%), zucchero bianco e mais; ma anche delle vendite complessive verso Medio Oriente e Nord Africa (+44%). La crescita più importante, come già anticipato, l’ha fatta registrare il grano; che ha messo a segno cifre record per le vendite dirette in Marocco (+625%) e in Tunisia (+208%), Paesi tradizionalmente dipendenti dalle scorte ucraine.
“L’Unione europea ha quindi svolto una funzione fondamentale per contrastare una crisi alimentare globale” ha commentato a tal proposito Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura. “Una funzione resa possibile da un potenziale produttivo che va assolutamente salvaguardato”.