La stretta della siccità sull’agricoltura italiana costerà (tra le altre cose) un calo della produzione di grano che oscilla tra il 15 e il 20%: è quanto emerge dalle più recenti proiezioni redatte da Confragricoltura, che di fatto si è rivolta alle autorità governative per chiedere di assumere, di concerto con le Regioni, “tutte le iniziative necessarie a mettere le aziende agricole nelle condizioni di assicurare almeno i livelli produttivi ordinari” – magari iniziando proprio con l’istituzione dello stato di crisi.
Inutile nascondere la testa sotto terra: l’attuale carenza di acqua destinata alle colture agricole è preoccupante, e di fatto è stato il primo punto all’ordine del giorno della riunione di oggi della Giunta confederale, che di fatto ha analizzato gli ambiti territoriali valutandone i danni causati dallo stress idrico. Come accennato in apertura, le prime stime hanno riguardato proprio la produzione di cereali: i raccolti di grano duro e tenero potrebbero subire una flessione minima del 15% – una prospettiva che di fatto va a inserirsi in un contesto già reso estremamente problematico dai più recenti aumenti ai costi di produzione innescati (tra le altre cose) anche dallo scoppio della guerra in Ucraina.
“Se il governo non si attiverà in tempi stretti la perdita di produzione potrebbe avere impatti negativi anche sulla spesa alimentare degli italiani” ha sottolineato a tal proposito Confagricoltura. “Se la situazione meteorologica non cambierà e se non verranno messi in campo i provvedimenti necessari, gli effetti si estenderanno anche ad altre colture. Dall’ortofrutta al mais, fino alla produzione di uva e olive. Nessuna esclusa”.