Bella domanda – anche se non siamo sicuri che la risposta lo sia altrettanto. Secondo uno studio sostenuto in parte dal progetto RECEIPT, finanziato dall’Unione europea, si prevede che il cambiamento climatico in atto cambierà considerevolmente la resa e il prezzo del grano in futuro, anche se gli obiettivi dell’accordo di Parigi dovessero essere raggiunti. I risultati della ricerca in questione, poi pubblicati sulla rivista One Earth, suggeriscono che la resa del grano potrebbe aumentare maggiormente nei Paesi ad alta latitudine esacerbando così ulteriori disuguaglianze tra la coltivazione nei Paesi sviluppati e quelli attualmente in via di sviluppo.
Entrando nei particolari, i ricercatori hanno sviluppato un approccio di modellizzazione dell’insieme clima-grano-economia studiando gli effetti delle condizioni climatiche medie e degli eventi estremi sui raccolti, sul prezzo del grano e sulla catena di approvvigionamento globale; valutando l’impatto di un riscaldamento globale di 2 °C sulla catena della domanda e dell’offerta globale di grano. Tale modello prevede che, come accennato poco fa, la resa aumenterà nelle aree a latitudine più elevate come la maggior parte del nord Europa; mentre nelle regioni a latitudine inferiore – come l’Africa, per intenderci – i raccolti diminuiranno di oltre il 15%. Il prezzo medio mondiale, invece, aumenterà dell’1,8%.
“La politica di liberalizzazione del commercio al di sotto dei 2° di riscaldamento potrebbe stabilizzare o addirittura aumentare il reddito degli agricoltori nei paesi esportatori di grano, ma ridurrebbe il reddito degli agricoltori nei paesi importatori di grano”, afferma l’autore principale Tianyi Zhang, agrometeorologo presso l’Accademia cinese delle scienze a Pechino. “Ciò potrebbe creare una nuova disuguaglianza economica tra gli agricoltori nei paesi esportatori e importatori di grano”. La speranza di Zhang e del suo team è che le previsioni in questione incoraggeranno le autorità mondiali a prendere l’iniziativa (un appello che, nel contesto nazionale, trova già risonanza nelle domande ai partiti di Slow Food). “Aiutare a migliorare l’autoapprovvigionamento alimentare di cereali nei paesi in via di sviluppo è fondamentale per la sicurezza alimentare globale”, conclude. “Questo è degno di discussione tra i Paesi nella futura politica di collaborazione agricola internazionale”.