In crisi la produzione globale di grano duro: un vero e proprio crollo, dovuto ai problemi dei grandi esportatori Canada e Usa, che potrebbe portare a conseguenze tuttora imprevedibili. Dalla difficoltà di approvvigionamento costante per i mulini, fino a un aumento dei prezzi che si potrebbe ripercuotere anche sul consumatore finale – e parliamo della nostra amata pasta.
Avevamo appena finito di rallegrarci per l’ottima annata produttiva in Italia, ma avevamo anche sottolineato come il recupero di posizioni fosse dovuto a una contestuale prevedibile flessione di altri paesi: e questa si è puntualmente verificata. Stati Uniti e Canada, i granai del mondo, hanno avuto una pesante diminuzione della produzione di grano duro; d’altra parte il livello internazionale di scorte non è sufficiente a pareggiare il calo.
Italmopa, Associazione Industriali Mugnai d’Italia, che rappresenta l’industria molitoria, lancia l’allarme per bocca del suo presidente Silvio Grassi: “È una situazione i cui sviluppi appaiono ancora imprevedibili. Il ridimensionamento globale dei volumi produttivi internazionali, che possiamo fin da ora confermare, ha già determinato, nelle ultime settimane, un violento incremento, superiore al 25%, delle quotazioni della materia prima che, peraltro, avevano già raggiunto livelli particolarmente elevati. Ulteriori e più precise valutazioni sulla dimensione del calo produttivo potranno tuttavia essere fatte solo nel corso delle prossime settimane, quando saranno concluse le operazioni di trebbiatura del grano duro nel Nord America”.
“In ogni modo”, commenta Grassi, “se gli attuali rumors concernenti la possibile riduzione del 40% dei raccolti canadesi e statunitensi dovessero malauguratamente trovare conferma, si potrebbe profilare, per l’Industria molitoria, uno scenario, inedito e inquietante, caratterizzato, oltre che da una spirale inflazionistica delle quotazioni, da una oggettiva difficoltà dei molini ad approvvigionarsi, in modo continuativo, di materia prima grano duro. Uno scenario chiamato ad influire molto pesantemente sull’Industria italiana della trasformazione del grano duro e, inevitabilmente, su tutta la filiera”. Vale a dire la pasta.