Okay, i grani “antichi” non sono quelli di Tutankamon; e questo lo avevamo detto. Non hanno nemmeno una minore quantità di glutine rispetto ai grani “moderni”, ma solo una diversa forza della proteina; e anche questo lo avevamo detto.
Cionondimeno, in questi ultimi anni i grani “antichi” sono entrati prepotentemente nelle nostre abitudini alimentari, e sempre più panifici impiegano ogni giorno, per sfornare i loro prodotti, farine di grano Senatore Cappelli, Perciasacchi o Tumminìa.
E se queste varietà di frumento sono arrivate fino a noi, è grazie soprattutto alla lungimiranza degli agricoltori che, nel corso dei decenni, hanno salvaguardato con cura e lungimiranza il patrimonio genetico dei semi.
Curiosamente infatti, molti di questi grani sono attualmente fuorilegge. Sì, perché una legge degli anni Settanta li ha “cancellati”, e ancora oggi non fanno parte del Registro Ue; i i produttori li possono comunque utilizzare e lavorare grazie a Registri paralleli relativi alle singole regioni.
Proprio come è accaduto per la varietà di grano siciliano Tumminìa, di cui il giovane Filippo Drago, terza generazione di mugnai e titolare della Mulini del Ponte, è il re incontrastato. A lui si deve la riscoperta dell’antica varietà di grano duro integrale, prodotto in modo totalmente bio, nonché ingrediente principale del sempre più apprezzato pane nero di Castelvetrano, presidio Slow Food.
Il giovane imprenditore è tra i più attivi nella lavorazione dei grani antichi – così come altri noti artigiani del settore: i cuneesi Mulino Sobrino di La Morra e Mulino Marino di Cossano Belbo, il sardo Claudio Merlo, il Mulino di San Floro in Calabria -, e ha da poco tempo attivato una seconda unità produttiva, oltre a quella storica di Castelvetrano, precisamente a Marinella di Selinunte, in provincia di Trapani, sostenendo un investimento di un milione di euro.
“A Castelvetrano abbiamo una dozzina di mulini, tutti francesi —dice Drago a Il Sole 24 Ore–, mentre a Selinunte ne avvieremo altri 4 e avremo in produzione 6 ettari”.
La “Mulini del Ponte”, azienda di 10 dipendenti che fa registrare 2,5 milioni di fatturato annuo, ha recuperato la tradizione della molitura del grano a pietra naturale, procedimento con rese molto inferiori rispetto a quelle industriali ma in grado di conservare maggiormente le proprietà organolettiche, e utilizza la farina così ottenuta per realizzare, tra l’altro, anche un classico tipo di pasta siciliana, le busiate integrali. Tra i suoi clienti abituali, Drago può vantare alcuni dei più noti chef siciliani, come ad esempio Pino Cuttaia.
E pensare che il settore del grano sta attraversando uno dei maggiori periodi di crisi: “Il settore è in apnea –-dice Drago-– . Il grano viene pagato meno di 20 centesimi: come trent’anni fa. Non mi sembra normale che per comprare un chilo di pane ci vogliano i soldi che servono per comprare 20 chili di grano”.
[Crediti | Link: Il Sole 24Ore]