In origine la scusa per appoggiarsi alla comodità del delivery era “non ho tempo”. La verità, al netto degli ultimi rapporti di Glovo, è però un’altra: tendenzialmente piace stare spaparanzati e abbiamo il culo pesante. Il che, per carità, è un po’ come scoprire che Giovanni Ferrero è sempre l’uomo più ricco d’Italia (ossia: ci piace la cioccolata); ma allo stesso tempo svela che stiamo assistendo a una piccola grande rivoluzione nelle abitudini di consumo.
Glovo, dicevamo, ha da poco mostrato i dati del cosiddetto Bikini Project, un’analisi che prende in considerazione gli ordini effettuati nelle città costiere durante l’estate 2024. I risultati parlano chiaro: il culo è pesante anche e soprattutto in vacanza.
Tendenze e abitudini dell’estate del delivery
Numeri alla mano le crescite più importanti di ordini si registrano in Emilia Romagna (medaglia d’oro con una crescita di addirittura il 72%), Marche (+36%), Abruzzo (+28%) e Veneto (+22%): la costiera adriatica, in altre parole, pare costituire il principale epicentro del delivery estivo. I numeri inerenti alle singole città, però, sono ancora più incredibili.
A Gallipoli, ad esempio, si è registrato un impressionante +5000% di ordini su base annua. E i restanti due gradini del podio, badate bene, non sono affatto da meno: Cervia (+448%) e Jesolo (+171%) si aggiudicano medaglia d’argento e di bronzo, e confermano la posizione apicale della dorsale adriatica in questo particolare contesto. In apertura di articolo, però, abbiamo parlato anche e soprattutto di cambiamento di abitudini, di – e scusateci la solennità – fenomeno culturale. Ma davvero?
“L’estate italiana diventa stress-free“, scrive l’ufficio stampa di Glovo. I nostri lettori più cinici e gli studenti in sessione potranno permettersi di dissentire, che a essere sinceri pare effettivamente una dichiarazione un po’ troppo ambiziosa, ma i dati parlano chiaro: scegliamo sempre più sovente la comodità, anche e soprattutto in vacanza. È lecito chiedersi, però, se farlo equivalga, in qualche modo, a tenere la testa sotto terra.
L’algoritmo di Just Eat, ad esempio, obbliga i suoi rider a pedalare al passo di Pogačar o essere sanzionati. Altre piattaforme impiegano sistemi discriminatori e potenzialmente pericolosi per la sicurezza stradale, e alcune compagnie si stanno persino spingendo a tracciare la guida dei “centauri del gusto“. La domanda sorge spontanea: la comodità ne vale la pena?