Gli stock di vino italiano in cantina sono ai massimi dal 2000, e l’export continua a calare

Il nuovo rapporto dell'osservatorio Uiv parla chiaro - il vino italiano deve confrontarsi con giacenze da record e un export in calo.

Gli stock di vino italiano in cantina sono ai massimi dal 2000, e l’export continua a calare

Numeri che parlano chiaro, quelli contenuti nel più recente rapporto redatto dall’osservatorio Uiv-Vinitaly sulla base dei dati di Cantina Italia (Masaf) inerenti alle giacenze e le vendite nei Paesi terzi nel primo semestre 2023. Andiamo subito al sodo – la vendemmia 2023 prende il semaforo verde con una giacenza di vino in cantina pari a 45,5 milioni di ettolitri (equivalenti, per darvi un’idea, a più di 6 miliardi di potenziali bottiglie di formato 0,75 litri), in crescita del 4,5% rispetto allo scorso anno e ai massimi livelli dal 2000. La cosiddetta pietra dello scandalo, in questa eccedenza, è in particolare l’aumento senza precedenti degli stock di vini “di maggior qualità”, con le Dop che fanno registrare una crescita del 9,9%.

Vino italiano tra stock da record ed export in perdita

vendemmia Champagne

I nostri lettori più attenti potrebbero collegare quanto appena raccontato agli ultimi rapporti circa lo stato della vendemmia, che si è ormai configurata come una delle peggiori di sempre – almeno per quanto riguarda il livello quantitativo – per il vino italiano. Un destino, a onore del vero, comune anche ad altri Paesi produttori, Francia in primis: i vignaioli francesi, tuttavia, hanno saputo cogliere la palla al balzo per assicurare che si tratterà di un’annata dalla “qualità eccezionale”.

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Ma torniamo a noi e al rapporto dell’osservatorio Uiv-Vinitaly, per l’appunto. Oltre alle sopracitate giacenze da record, il vino italiano è chiamato a confrontarsi con una domanda extra europea in ulteriore contrazione. Scendendo più nei dettagli, tra i principali dieci compratori di etichette dello Stivale (che, è importante notarlo, rappresentano addirittura l’85% del mercato extracomunitario) solamente la Russia ha fatto registrare una crescita delle esportazioni in volume, mentre Stati Uniti, Canada, Giappone, Norvegia, Cina e Corea del Sud hanno subito cali quantitativi in doppia cifra.

Numeri alla mano, complessivamente la riduzione tendenziale nella prima metà dell’anno segna un -9% a volume e un -5% a valore, con gli spumanti giù del 13% (un crollo, quest’ultimo, verosimilmente accompagnato e parzialmente dovuto dal calo del Prosecco) e i fermi imbottigliati a -5%. Importante notare, per di più, che se per gli spumanti l’aumento del prezzo medio è in linea con il surplus dei costi produttivi (+10%), lo stesso non si può dire per i fermi (+1%).

“Comprendiamo la volontà da parte delle nostre imprese di mantenere le quote di mercato, ma abbassare i prezzi rischia di diventare un pericoloso boomerang” ha commentato a tal proposito il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi. “Sulla prossima vendemmia pesa una congiuntura che si sta manifestando in tutta la sua complessità”.