Gli Italiani preferiscono l’aceto di vino al Balsamico Igp: ne comprano dieci volte tanto

Sulle tavole degli italiani l'aceto di vino conserva il primato su quello Balsamico Igp: il primo è diffuso nel 65% delle famiglie.

Gli Italiani preferiscono l’aceto di vino al Balsamico Igp: ne comprano dieci volte tanto

Sulla tavola – e nelle dispense – degli italiani l’aceto di vino (o classico, se preferite) continua a conservare il primato sul suo “collega”, il Balsamico Igp, nonostante quest’ultimo stia godendo di una crescente popolarità. Dati alla mano, considerando la penetrazione di tali prodotti nei consumi degli abitanti dello Stivale, il balsamico si arena su di un 20% contro il 65% del non balsamico: un dato che, di fatto, svela anche e soprattutto il peso dell’inflazione – notoriamente in aumento negli ultimi mesi – sul bilancio e sui consumi dei nuclei famigliari, evidentemente attirati dal prezzo più economico dell’aceto di vino.

Aceto di vino e Balsamico Igp: un’occhiata ai consumi in Italia

spesa scontrino

È bene notare, per di più, che la schiera dell’aceto “non balsamico” vanta diverse tipologie di prodotto – dal sopracitato classico o di vino alle varianti più di nicchia come quelli di mele o di riso. Ma bando alle ciance, e diamo un’occhiata ai numeri: in Italia, nel corso dell’anno passato, sono stati venduti 67,8 milioni di litri di aceto classico (-3,6% annuo) per un valore di 57,9 milioni di euro (-0,4%). Interessante, in questo contesto, valutare il peso specifico delle sopracitate produzioni di nicchia: l’aceto di mele pesa infatti per 8,5 milioni di litri (-3,5%) e 26 milioni di euro. Il comparto del Balsamico Igp, invece, ha messo a segno vendite in litri per 7,2 milioni (-4%), di fatto equivalenti a poco più di 51 milioni di ricavi (-0,1%).

Cos’è l’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia Dop Cos’è l’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia Dop

Spicca all’occhio, tornando alla precedente lettura circa le conseguenze e gli effetti del caro vita, il balzo dell‘aceto di alcool, una tipologia storicamente meno diffusa in Italia ma che, nella tendenza ad acquistare prodotti di qualità e prezzo inferiore, ha trovato un valido alleato: nel 2022 i numeri di questa particolare produzione sono cresciuti del 7% per quanto concerne la vendita in termini di litri (13,4 milioni) e del l’11,5% in termini di giro d’affari (oltre 9,1 milioni).

“Dopo la crescita delle vendite in negozi e supermercati durante il periodo Covid, il 2022 è stato un anno di riassestamento, dove i consumi sono tornati in parte nel fuori casa” ha spiegato Giacomo Ponti, presidente del Gruppo Aceti di Federvini e alla guida della storica azienda di famiglia, nel sottolineare l’intrinseca rigidità della fluttuazione della domanda di aceto.

“Gli aumenti record di vetro, plastica ed energia sono stati scaricati solo in parte sui prezzi e hanno eroso i margini delle imprese” ha continuato. “Del resto l’aumento del costo di una bottiglia, ad esempio, pesa molto di più se il prezzo del prodotto che questa contiene è basso, come nel caso dell’aceto. Se ai costi di prima non si tornerà più, crediamo comunque che ora sia iniziata una fase di diminuzione dei listini”.