Gli Inglesi chiedono una tassa per il cibo ultra processato: in Italia come andrebbe?

Una tassa sul cibo ultra processato, con l'idea di usare i proventi per finanziare progetti alimentari per le famiglie più povere: questa l'idea inglese. In Italia potrebbe funzionare?

Gli Inglesi chiedono una tassa per il cibo ultra processato: in Italia come andrebbe?

Una tassa per la salute, e non sulla salute. Recenti sondaggi condotti da Ipsos per la Health Foundation hanno svelato che la maggior parte degli inglesi (il 58%, a essere ben precisi) sarebbe favorevole all’introduzione di una eventuale tassa sul cibo ultra processato. Ma come funzionerebbe?

L’idea proposta, stando a quanto riportato dai colleghi del The Guardian, sarebbe quella di introdurre un’imposta agli stessi produttori di alimenti ricchi di zucchero e/o sale, alcune tipologie di prosciutto, biscotti, pane e via dicendo; per poi utilizzare i proventi raccolti in modo tale da finanziare nuovi progetti atti a migliorare l’alimentazione delle famiglie a basso reddito.

L’obbligato paragone con la Sugar Tax (e con l’Italia)

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Difficile, se non addirittura impossibile, non notare un parallelo almeno tematico con la cosiddetta Sugar Tax, la ormai famigerata (almeno dalle nostre parti, come vedremo) imposta che andrebbe a colpire le bibite e gli altri alimenti con un alto contenuto di zucchero. In Terra d’Albione è già in vigore dall’aprile del 2018, e da allora ha fondamentalmente dimezzato il consumo di zucchero nelle fasce più giovani della popolazione. E in Italia?

Se pensate gli alimenti ultra processati non vi riguardino è perché non sapete quali sono Se pensate gli alimenti ultra processati non vi riguardino è perché non sapete quali sono

Beh, in Italia il suo rinvio ha ormai assunto i connotati della tradizione, dell’appuntamento. La sua introduzione “al pubblico”, per così dire, risale all’ormai lontano 2019 con la Legge di Bilancio; e le notizie più recenti vedono un governo che continua a temporeggiare nel timore di pestare i piedi alle aziende, Assobibe intento a preparare drammatici countdown e il ministro Lollobrigida che applaude soddisfatto.

L’impressione è dunque che una eventuale tassa sul cibo ultra processato potrebbe trovare le medesime difficoltà, e questo nonostante alcuni Paesi – la Colombia su tutti – si siano già mossi in tale direzione. Immaginiamo che, a questo punto, i nostri lettori più cinici potrebbero puntare il dito contro le abitudini alimentari dei nostri amici d’Oltremanica, certamente meno salubri di quelle di noialtri abitanti dello Stivale, veri custodi del mangiar bene sul globo terracqueo.

I cibi ultra-processati invecchiano la mente? I cibi ultra-processati invecchiano la mente?

Beh, non avrebbero tutti i torti. Sondaggi recenti indicano che, nel Regno Unito, circa due terzi delle calorie ingerite da un adolescente arriva proprio dal cibo ultra processato – una scoperta che è sintomo di un evidente problema e di una altrettanto evidente urgenza nel trovare soluzioni. Pensare che al di qua delle Alpi sia tutto rose e fiori, però, significa peccare di ingenuità.

L’Italia veste di fatto la maglia nera per obesità infantile in Europa: numeri alla mano, si calcola che un bambino italiano su cinque sia in condizione di sovrappeso mentre uno su dieci sia invece affetto da obesità. Il problema alimentazione, certamente anche esacerbato dalla crisi economica e dall’inflazione degli ultimi anni, esiste anche per noi: chissà che modelli come quello richiesto dagli inglesi non possano rappresentare soluzioni fertili?