Un po’ come indicare la luna e fermarsi a guardare il dito. D’altro canto, è bene notare che il fronte vicino agli allevatori – per convenienza politica o economica, poco cambia – l’ha sempre spiegato in termini chiari e precisi: gli allevamenti non sono fabbriche. Una proposizione che, almeno a un primo sguardo, potrebbe addirittura sembrare un’ovvietà: varrebbe però la pena provare a comprendere, tanto per cominciare, per quale motivo gli allevamenti intensivi siano stati paragonati agli impianti industriali.
Ve la facciamo breve e semplice – è una questione di emissioni. Il Parlamento europeo ha dato il pollice in su alla nuova direttiva sulle emissioni industriali che, in parole povere, va a estendere le sue norme anche agli allevamenti suini con più di 350 capi e a quelli avicoli con più di 280 polli o più di 300 galline ovaiole. Restano esclusi gli allevamenti bovini, i più inquinanti in assoluto.
Una questione di concessioni e contentini
C’è chi potrebbe interpretare le notizia da Bruxelles come una questione di bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, forse non notando – o non volendo notare – che in questo caso chiudere un occhio significa peccare di ingenuità e, francamente, di miopia. Poi chiaro, è evidente che ci sia una certa convenienza nell’accontentarsi del contentino, e scusate il gioco di parole: sarebbe però sufficiente ricordare come, dati alla mano, la carne di manzo sia stata nettamente individuata come il cibo più inquinante in assoluto; o notare come, secondo uno studio realizzato da Ispra in collaborazione con Greenpeace, gli allevamenti siano “tra i principali responsabili dell’aumento dei livelli di inquinamento da Pm2,5″.
In altre parole la nuova direttiva sulle emissioni industriali rischia di mancare clamorosamente (e diremmo anche grossolanamente) il bersaglio più importante, pur andando “a segno”. Il provvedimento, al di là di quanto evidenziato fino a ora, è in ogni caso stato fortemente contestato dalle associazioni europee degli agricoltori, Coldiretti e Confagricoltura ovviamente comprese.
Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, parla di “follie di un estremismo green” che rischiano di colpire anche e soprattutto gli allevamenti di suini e di pollame di piccole dimensioni. Secondo le stime di Cia-Agricoltori, rimanendo in questo contesto, le nuove norme dovrebbero interessare il il 90% degli allevamenti di pollame e il 20% dei maiali in Italia.
La nuova normativa europea dovrà ora essere adottata anche dal Consiglio Ue, prima di essere pubblicata in Gazzetta Ufficiale: una volta entrata ufficialmente in vigore, gli stati membri avranno ventidue mesi di tempo per adeguarsi.