Gli aiuti UE al pollo ucraino fanno arrabbiare gli allevatori europei

Gli aiuti europei al pollo ucraino avrebbero lasciato gli allevatori europei stritolati tra le maglie del mercato: diamoci un'occhiata.

Gli aiuti UE al pollo ucraino fanno arrabbiare gli allevatori europei

Nel raccontarvi della cosiddetta protesta dei trattori abbiamo sempre ritenuto opportuno occupare qualche riga per raccontarvi della sua delicata complessità. La preoccupazione degli agricoltori, al netto di atti di vandalismo e sfilate per le principali città europee, è stata innescata dal culminare di problematiche di natura anche diversa (anche se, a onore del vero, il profilo più rumoroso rimane naturalmente quello economico) ma pericolosamente intersecanti tra loro – dalla riduzione dei sussidi in un momento di evidente difficoltà economica all’introduzione di politiche ambientali che, secondo la spietatezza del mercato, potrebbero favorire importazioni da paesi con norme meno severe con cui è impossibile competere.

In tale complessità si insinua, com’è ovvio che sia, una certa fragilità; che ha reso la rabbia degli agricoltori uno strumento pericolosamente strumentalizzabile e, forse più amaramente, efficace nel puntare il dito contro le politiche verdi dell’Europa. Il malcontento in questione è però un mosaico ampio e variegato, e tra i tasselli che lo compongono ce n’è uno che, tra slogan e proteste, è rimasto piuttosto furtivo: gli aiuti dell’Europa agli allevamenti di pollo in Ucraina.

Aiuti e rabbia: il caso del pollo ucraino

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La questione è piuttosto semplice: stando a quanto riportato dal Financial Times, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) avrebbe investito quasi 1 miliardo di dollari negli allevamenti di polli e in altre grandi imprese alimentari ucraine in seguito all’invasione russa, finanziando di conseguenza un flusso di esportazioni a basso costo.

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Tra i casi più pruriginosi c’è quello della Polonia, primo produttore di pollo nell’Unione Europea: le imprese locali, spiega il FT, sono particolarmente preoccupate per i finanziamenti europei alla MHP, la più grande azienda avicola ucraina, che ha ricevuto più di un quinto di tutti i prestiti della BERS negli ultimi due anni. Vale la pena notare che non si tratta della prima frizione, in questo particolare contesto, tra i due paesi: appena un anno fa circa, infatti, la Polonia aveva deciso di sospendere le importazioni di grano dall’Ucraina nel tentativo di tutelare il proprio mercato interno.

“L’industria del pollame in Polonia sta crollando e una società, la MHP, si sta arricchendo” ha spiegato Janusz Kowalski, deputato dell’opposizione e segretario di Stato per l’agricoltura nel precedente governo polacco. “Le importazioni esentasse di pollo dall’Ucraina e di altri prodotti agricoli dovrebbero essere immediatamente interrotte”.

La situazione, tradotta in minimi termini, ha fondamentalmente visto gli allevatori polacchi immersi in una logica di mercato nettamente sfavorevole e dove la competizione era a senso unico. Vale tuttavia la pena notare che, tra le concessioni europee agli agricoltori, Bruxelles ha anche introdotto dei limiti alle importazioni ucraine di pollame, carne e zucchero, che dovrebbero entrare in vigore nel mese di giugno.

Dal canto suo John Rich, presidente esecutivo della MHP, è dell’idea che tale scelta “non abbia senso dal punto di vista politico”. Secondo il suo punto di vista le esportazioni della sua azienda non avrebbero avuto un impatto significativo sui prezzi dell’UE, in quanto il suo flusso avrebbe preso quote di mercato da altri esportatori come Brasile e Regno Unito.