Si chiama Schmallenberg, in onore della località tedesca dove è di fatto stato individuato la prima volta, è un virus in grado di infettare i ruminanti inducendo, quando colpisce animali in gestazione, aborto, natimortalità e deformazioni; e a quanto pare sta dilagando nelle aziende agricole del Somerset, Regno Unito, al punto da spingere gli allevatori a chiedere l’aiuto delle autorità governative.
I colleghi della BBC, ad esempio, hanno riportato la testimonianza di Sadie Champion, allevatrice del Somerset, che sostiene si tratti della peggiore epidemia degli ultimi 26 anni: “Abbiamo avuto una pecora in particolare che ha dovuto lottare davvero duramente per dare alla luce un agnello, da quanto era deformato” ha raccontato Champion. “La pecora è sopravvissuta fortunatamente, ma l’agnello è nato morto. È stato un duro colpo: trattandosi di pecore di una razza rara, ogni singola perdita è un grande colpo per la nostra azienda”.
Che cos’è il virus Schmallenberg, sempre più comune in Occidente?
Partiamo dal presupposto che il virus in questione si trasmette primariamente attraverso il morso dei moscerini, che possono “travasare” il sangue di un animale già infetto a un altro invece ancora sano. La sintomatologia varia in base all’età e alla fase riproduttiva in cui si trovano gli animali infettati e, più in generale, gli effetti più gravi dell’infezione si osservano quando tali virus entrano in contatto con una popolazione animale suscettibile indenne: tra i sintomi più evidenti si segnala la febbre alta, l’anoressia, la diarrea, un elevato calo della produzione lattea (fino addirittura al 50%) e, come già anticipato, aborto, natimortalità e gravi deformità quanto il virus finisce per attraversare la barriera placentare.
Stando ai dati dalla National Sheep Authority, puntualmente ripresi dalla BBC, alcuni allevatori del sud-ovest riferiscono che il 40% del loro gregge è infetto: “Stiamo riscontrando un numero elevato di casi nella fascia sud-occidentale dell’Inghilterra” ha spiegato Phil Stocker, membro dell’associazione di cui sopra. “Esiste un vaccino autorizzato, ma è davvero difficile farlo produrre quando non si ha la certezza che verrà poi effettivamente utilizzato”.
D’altro canto, però, è bene notare che gli allevatori si stanno facendo via via più disperati. “Quest’anno sono sempre più gli agricoltori che dicono ‘se ci fosse un vaccino, lo useremmo’” ha concluso Stocker. Come accennato nelle righe precedenti, le autorità inglesi avevano autorizzato l’uso del vaccino già nell’ormai lontano 2015, ma è necessaria una concertazione tra le aziende farmaceutiche e la stessa industria agricola per favorire il suo approdo sul mercato.